Corriere Fiorentino

PERCHÉ LA CARTA NON RESTI CARTA

- di Enrico Nistri

Che gli studenti di tutta Italia trovino la Suprema Carta nella calza della Befana può solo fare piacere. Come hanno osservato Armaroli e Lancisi su queste pagine, la Costituzio­ne è un esempio di bello scrivere, alieno da quella dissenteri­a di barbarismi che affligge la stessa prosa ministeria­le. In più è l’esempio di come culture molto diverse quali la liberale, la marxista e la cattolica abbiano potuto esprimere una sintesi, senza scartare neppure taluni lasciti del corporativ­ismo, di cui è traccia nell’istituzion­e del Cnel o nell’auspicio di una partecipaz­ione dei lavoratori agli utili delle imprese. Si potrebbe obiettare che in molte famiglie italiane una copia della Carta c’è già; ma in un mondo di auto sempre più grosse e di abitazioni sempre più anguste siamo in pochi a conservare i libri di scuola, e poi difficilme­nte gli immigrati possiedono una copia della nostra Costituzio­ne, come noi ignoriamo quella dell’Albania o del Marocco. Il problema è un altro e riguarda i limiti dell’intellettu­alismo etico socratico: l’illusione che conoscere il bene basti per praticarlo. Spesso si fa il male sapendo di farlo, anzi, specie in quell’età ingrata che è l’adolescenz­a, proprio per il piacere della trasgressi­one. Un esempio: dai primi anni ’90 l’insegnamen­to del diritto è entrato nel biennio degli istituti profession­ali. Scelta opinabile sotto il profilo pedagogico, perché il diritto è una forma sia pur pratica di filosofia spesso ostica alla mente di un quattordic­enne, e di relativo profitto: proprio nelle prime classi di molti profession­ali si registrano i peggiori comportame­nti antisocial­i. Studiare le leggi non basta per rispettarl­e, anche perché dal loro studio l’uomo tende a ritenere più la memoria dei diritti che la consapevol­ezza dei doveri. La vera educazione civica è quella che unisce alle parole i fatti, in una scuola che voglia essere davvero comunità educante: una scuola in cui il professore si presenti vestito decorosame­nte, perché non si può esigere rispetto dagli altri se non lo si ha per se stessi, il bulletto sia messo a posto subito e non affidato ai buoni uffici dello psicologo, il genitore non critichi davanti ai figli l’insegnante e questi non imprechi contro il Governo, anche se ne avrebbe motivo, visto che non gli garantisce una retribuzio­ne «pari alla qualità e quantità del lavoro prestato». Già oggi s’insegnano molte educazioni, ma non sempre si riesce a insegnare l’educazione: quell’educazione senza la quale anche la migliore delle Carte rischia di rimanere un pezzo di carta.

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