IL MIO BABBO LUMINOSO (UN ANNO SENZA LELIO)
Caro direttore, un anno fa, la notte del 6 gennaio, morì mio padre, Lelio Lagorio. Chi non c’è più, ha scritto Elias Canetti, non va conservato in un’ambra. Perché «nella sua impalpabilità continui a vivere, bisogna consentirgli di muoversi» e renderlo protagonista dei nostri pensieri e ricordi.
Del passato si parla poco, conta di più ciò che fluisce continuamente sotto il nostro sguardo. Spero che la figura di mio padre, il suo pensiero e la sua opera possano essere un giorno commemorati come meritano. Oggi, primo anniversario della sua scomparsa, più che l’uomo illuminato vorrei ricordare un genitore luminoso e accogliente. Mio babbo, un uomo raro. Mi è stato a lungo misterioso. Un tenero pudore mi ha impedito per molto tempo di infiltrarmi nelle pieghe più riposte del suo animo. Ma con la tarda età di entrambi abbiamo scoperto una confidenza mai avuta prima. La sera mi sedevo sul panchetto accanto alla sua poltrona a discorrere del più e del meno e a commentare l’attualità. Era diventato un po’ ascetico da ultimo. Un distacco volontario dal mondo, vissuto con un senso di amareggiato disincanto. Però ogni volta mi chiedeva «Com’è andata oggi? Che novità mi porti?». Il dono più grande che puoi fare a un altro sono il tuo tempo e la tua attenzione e mio padre ne è stato generoso. Le gambe accavallate, ai piedi le vecchie pantofole perché quelle nuove rimanevano invariabilmente nell’armadio, come tutti gli abiti appena comprati. Al babbo piacevano le cose vissute, portate e riportate. Io raccontavo, lui rifletteva. Avevo sempre qualcosa da imparare. Più avanzava la sua assennata senetudine e più i miei sentimenti si addolcivano. Mio babbo, un uomo giusto. Cercava i punti di convergenza, non di conflitto. Rispettoso del pensiero altrui, sapeva ascoltare e trovava sempre le parole adeguate, anche quando ero bambina. Il suo argomentare era limpido e chiaro e capivo sempre cosa voleva dirmi. Raffinato intenditore dell’animo umano, è stato una guida, un punto di riferimento con il suo equilibrio e la sua ragionevolezza. Un sostegno saldo e sicuro. Con il suo carattere vitale e appassionato, notava tutto, coglieva con immediatezza ogni minimo particolare della realtà e lo porgeva quasi fosse un invito a guardare le cose oltre la loro apparenza. Era gioviale e la sua innata bonomia finiva sempre per fare capolino, in un modo o nell’altro, anche se era preoccupato per qualcosa. Era facile in casa sentirlo fischiettare qualche vecchio motivo. Il babbo volle funerali privati. A molti dispiacque non poter partecipare a un momento corale di commiato. Era benvoluto e stimato ancora tanti anni dopo il ritiro dalla vita pubblica. Non mancò comunque la vicinanza delle istituzioni e tante furono le testimonianze affettuose di amici, vicini e anche di persone sconosciute. Un tributo gentile che riscaldò il cuore. Come quella rosa di giardino posata da una mano ignota sulla finestra del suo studio. Quando la trovai, era appassita ma perfetta. Un muto omaggio che ancora mi commuove.