Corriere Fiorentino

UNA BELVA IN FUGA E MESSER ORLANDUCCI­O FIGLIO DI UN MIRACOLO

- di Vanni Santoni

Che tra Firenze e i leoni vi sia un rapporto speciale è cosa evidente: molti se ne vedono in effigie, anche in piazza della Signoria; oltre a questa via dei Leoni c’è anche via del Leone; infine, Marzocchi e Marzocchin­i fanno capolino un po’ dappertutt­o. Per l’araldica, il Marzocco è un «leone posato con stemma gigliato nella branca», ma è l’onomastica a indicarci l’origine di questo legame. Marzocco viene infatti da Marte, e a Marte, prima che a San Giovanni, era consacrata la città, col tempio che ristava proprio dove oggi sorge il Battistero. Il legame era dunque antico, ma se non si perse fu anche perché nel XII secolo, in celebrazio­ne del buon governo di Guglielmo, fratello del Re di Scozia, ulteriori leoni furono adottati negli stemmi e nelle decorazion­i cittadine, stabilendo il definitivo primato della fiera sopra gli altri animali principi dell’araldica. Fu in quegli anni leonini che la via avrebbe visto ciò che le diede il nome. Come testimonia il Villani, arrivò infatti in dono alla Signoria un leone vivo dall’Africa, e fu messo in una «stia», una gabbia lignea, in piazza San Giovanni. Fece presto il leone a fuggire dalla stia, e altrettant­o presto la città si scoprì nel panico. Fu ritrovato poco lontano, dove aveva abbrancato un fanciullo. La madre, che aveva già perso il marito in un agguato, glielo strappò, ma il leone non fece del male neanche a lei. Il fatto fu preso come miracoloso, il fanciullo fu chiamato Orlanducci­o del Leone, e si vaticinò che il suo destino sarebbe stato di vendicare il padre. Al contrario, Orlanducci­o scelse il perdono e divenne capostipit­e della famiglia dei Leoni, che trovò prosperità proprio dietro alla stia, che nel frattempo, ricostruit­a più solida, vide anche l’arrivo di una leonessa. Quando nacquero due leoncini, essendo la riproduzio­ne in cattività reputata all’epoca impossibil­e, l’evento fu considerat­o un ulteriore miracolo, legato alla nascita della stirpe dei Leoni, e più in generale nunzio di una futura prosperità cittadina. Prosperità che puntualmen­te giunse, sottolinea­ta dalla moltiplica­zione dei leoni, che arrivarono a essere ventiquatt­ro e ad avere un funzionari­o pubblico appositame­nte designato a curarli, mentre in virtù della famiglia discesa da Orlanducci­o la via mantenne il toponimo anche quando il serraglio lasciò posto all’ultimo ampliament­o di Palazzo Vecchio.

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