CARMEN, LA MIA IRONIA DOPO ATTACCHI FEROCI
Caro direttore, ho letto il suo editoriale «La Carmen nella brace» e ci tengo a spiegare meglio quello che penso su questa vivace vicenda. Dopo la prima ho espresso su Twitter apprezzamento per la scelta del regista Muscato e del teatro di cambiare la scena finale.
Una scelta interpretativa senza modificare il libretto, si badi bene. La mia opinione ha scatenato sui social reazioni ironiche — sempre benvenute — ma anche attacchi violenti. Alcuni giornalisti hanno cavalcato l’onda dei social, in qualche caso esprimendo legittime opinioni contrarie alla scelta artistica, ma in molti casi sfruttando l’occasione per alimentare una polemica strumentale, perfino insinuando che sia stato io a modificare l’opera. Molti autorevoli opinionisti hanno detto la loro senza neanche aver visto la Carmen a Firenze, abboccando al tentativo generale di buttarla in caciara per screditare il politico che si permette di stravolgere i pilastri della cultura. Da qui nasce la mia battuta sui «pescioloni», detta con ironia assai meno feroce di quella rivolta a me. Tutto questo ha portato la Carmen e il Maggio Musicale Fiorentino sulle prime pagine dei giornali internazionali e nazionali, dove — come lei ben sa — i teatri trovano raramente spazio, se non per scandali o crisi finanziarie. Desidero ringraziare dunque i giornalisti per l’attenzione impressionante che stavolta è stata riservata all’Opera di Firenze. Lei, direttore, si chiede: allora è stato solo marketing? No, è un’operazione culturale. Poi c’è la semplice constatazione che, volendo attaccare l’uomo politico reo di aver difeso una scelta culturale, opinabile ma non certo sacrilega, si è data al Maggio una visibilità che l’eccellente cartellone «ordinario» meriterebbe, ma ahimè non si sogna neanche. Ed è la dimostrazione che le scelte coraggiose e anche la denuncia sociale — come ha evidenziato sulle vostre pagine Dacia Maraini — portano a teatro tanto pubblico, anche giovane, che poi è libero di fischiare o applaudire rendendo viva la cultura.
Infine il femminicidio: in Italia, in media, ogni 3 giorni viene uccisa una donna. Non siamo così ingenui da pensare che basti cambiare il finale di un’opera per risolvere il problema, così come non basta appuntarsi un fiorellino sul bavero o illuminare monumenti o indossare abiti neri come ai Golden Globe, ma tutto ciò che serve a scuotere le coscienze, a tenere accesi i riflettori su un dramma così profondo nella società italiana come la violenza sulle donne e il femminicidio, non può che essere utile ed ha il mio sostegno, senza cercare facili applausi e accettando anche le critiche civili di chi non la pensa come me.