FIRENZE? UN PONTE (TRA FIERA E SHOW)
Caro direttore,
vorrei cercare di correggere il tiro su ciò che sembra essere stato un malinteso tra il presidente di Pitti Immagine Claudio Marenzi e la vostra giornalista Chiara Dino, che ieri ha portato al titolo di ieri su «convegno, parola che spiazza».
Marenzi dice una cosa che noi diciamo a ogni uscita pubblica e che a loro volta ci dicono le aziende: Pitti Uomo non è soltanto una fiera, la più importante del mondo, è un grande meeting, un festival della moda e del lifestyle maschile, dove due volte l’anno i migliori produttori, distributori e comunicatori di tutto il mondo si incontrano per fare il punto, passare in rassegna novità e tendenze e avviare la stagione delle vendite. Per alcuni la fiera è soprattutto uno strumento di vendita, ad altri serve a promuovere il marchio (magari con progetti che ne valorizzino le valenze culturali, cosa che a Firenze riesce particolarmente bene), per altri ancora è l’occasione per mostrare un cambio di guida creativa o di strategia commerciale... per altri infine, la maggioranza, è tutto ciò messo insieme. Questo è Pitti Uomo, ponte fra industria e design, tra vendite e comunicazione, tra fiera e show (sì perché le sfilate ci sono anche qui), una duplicità che è alla base del successo. A Milano ci sono le sfilate dei grandi marchi italiani e ci sono i primi tentativi di affermazione in passerella di nuovi designer, che spesso alternano la passerella milanese con la sostanza commerciale di Pitti Uomo.
Non so come sia uscita la parola, ma come si può pensare che Marenzi consideri Pitti Uomo un convegno? Basterebbe andare a trovarlo allo stand della Herno, dieci ore di fila a mostrare il campionario ai compratori stranieri decine e decine di compratori esteri... Marenzi è da anni con Pitti Immagine, prima come espositore, poi come consigliere di amministrazione e vice presidente. Naturalmente poi, a ogni Pitti Uomo, in città si ricomincia a parlare di Firenze-Milano, Milano-Firenze... credo che nessuno meglio di lei, che ha vissuto la cosa da entrambi i lati, possa capire la natura un po’ capziosa di queste polemiche. E’ come ci insegna il Bignami della fisica quantistica: lo stesso fenomeno cambia a seconda della distanza da cui lo osservi... Perciò se le guardiamo da molto vicino, Firenze e Milano certo, sono in concorrenza, perché tutte le città con sedi fieristiche vorrebbero le fiere migliori. Anche noi, anche Bologna, Torino, Verona, persino Roma... Ma se pensiamo in termini di competizione globale, quella che conta davvero, Firenze e Milano sono alleate: ai tavoli dove si siedono Londra, Parigi, New York, Berlino per fissare il calendario delle presentazioni di moda, Firenze e Milano ci vanno insieme, agendo in base a una logica di sistema nazionale. E si è visto il risultato: abbiamo respinto attacchi londinesi e parigini che volevano restringere il nostro raggio d’azione. Lo stesso vale quando si tratta di fare lobby sulle istituzionali internazionali, in sede UE o quando si parla della promozione del made in Italy a livello globale. Ed è questa inevitabile cooperazione che a sua volta tempera le spinte concorrenziali, riconducendole all’interno di un ambito in cui vigono regole condivise. Su cui intervengono anche il governo e l’industria nazionale, entrambe interessate a che il sistema produttivo del nostro Paese possa sfruttare entrambe le piattaforme cittadine. Diamo un’occhiata agli ultimi 25 anni: Firenze ha forse perso qualcosa? Al contrario, Pitti Uomo è molto più forte, Firenze è credibile e vincente. E tutto ciò è successo avendo come presidenti gli imprenditori Marco Rivetti (da Torino), Mario Boselli (da Como), Gaetano Marzotto (da Valdagno/Milano), Claudio Marenzi (da Stresa/Verbania)... e con i presidenti del Centro che ricordava Chiara Dino. Una corretta e lungimirante dialettica locale/nazionale, altro che complotto!