«Voglio la A per rigiocare il mio derby»
Parla Pasqual, l’ex viola capitano dell’Empoli
Dalla fascia sinistra viola, dove ha macinato chilometri e battuto record (con 356 presenze è nella top 10 della storia della Fiorentina), a quella dell’Empoli, dove quest’anno ha già confezionato 6 assist e segnato 3 reti. Alla soglia dei 36 anni Manuel Pasqual non ha alcuna intenzione di abdicare e, anzi, rilancia la sua sfida. Sì, perché dopo la clamorosa retrocessione della scorsa stagione della quale si sente in parte responsabile («Volevo portare la mia esperienza e forse non sono riuscito a trasmetterla e a capire che dovevamo dare qualcosa in più per salvarci»), il suo primo obiettivo è quello di riportare gli azzurri in serie A: «Per ora questa è una stagione positiva, ma spero possa finire meglio».
Pasqual, dopo la rivoluzione dell’estate, è stato promosso capitano nonostante 11 anni di Fiorentina alle spalle. Che effetto le ha fatto?
«È stata una cosa che mi fa molto piacere. Evidentemente ai tifosi e alla società piace come mi comporto, come mi alleno e come preparo una partita. Farò il possibile per essere anche d’insegnamento per i più giovani».
In tutto questo, quanto è contato il rigore calciato al Franchi nel derby dell’anno scorso?
«Inizialmente il capitano era Laurini, poi è stato ceduto e hanno dato la fascia a me. La vesto con orgoglio, come ho vestito quella viola e ancor prima quella dell’Arezzo. Di quel rigore però non voglio più parlare, ormai fa parte del passato».
Torniamo all’obiettivo serie A: una coppia come Caputo-Donnarumma quanto aiuta?
«Moltissimo, perché anche se non toccano palla, sai che in qualsiasi momento possono inventarsi qualcosa. Ma la cosa che mi fa piacere sottolineare è che corrono, danno una mano, partecipano alla partita. In più, sembra che giochino insieme da una vita, si trovano nei movimenti, nell’uno-due. Due bomber così sono preziosi per chi ha l’ambizione di tornare in A come noi». Eppure il vostro rendimento è stato altalenante. Perché?
«Sicuramente ci manca qualcosa altrimenti saremmo primi. Dobbiamo riuscire a gestire meglio i momenti della gara in cui siamo sotto pressione, soprattutto quando andiamo in vantaggio».
L’esonero di Vivarini se l’aspettava?
«Per me è stato un fulmine a ciel sereno. Ma se la società ha deciso di farlo, significa che ha visto nel nuovo allenatore l’uomo giusto per dare una spinta verso l’obiettivo serie A».
Com’è stato l’impatto con Andreazzoli?
«Quando si è presentato ha cercato da subito di mettere la propria mano in varie cose:
nel gioco, nella filosofia di squadra, nel fatto di andare in campo con più convinzione nei nostri mezzi».
Lei ha un contratto con l’Empoli che scade nel 2019: che farà da grande?
«Ho ancora tanta voglia di giocare. Per ora non mi sento in difficoltà nei confronti di chi mi gioca contro e sono contento di aver spalmato il contratto (che scadeva a giugno 2018, poi è stato prolungato, ndr). Non so quello che farò dopo il calcio, di sicuro non mi vedo come allenatore».
A questo proposito: non tutti riescono a ritagliarsi un ruolo nel calcio dopo aver attaccato gli scarpini al chiodo. Il suo amico Toni per esempio non ha ancora scelto la sua strada.
«Non è semplice, anche perché dipende dalle società che ti contattano, dal ruolo che ti viene proposto. Prendiamo Toni: il fatto di fare il vice presidente di una squadra ed essere lì solo come figura, senza poter mettere a disposizione la propria esperienza, può averlo portato a pensare “faccio qualcos’altro”». Qual è suo il rimpianto più
Cuore a metà Che onore portare la fascia anche qui, l’esonero di Vivarini però mi ha stupito La frizione tra Della Valle e il tifo? La verità sta nel mezzo, ma la proprietà mi auguro resti perché ha tutto per riportare in alto la Fiorentina
grande in carriera?
«Non aver vinto niente con la Fiorentina ed essere retrocesso con l’Empoli». E la soddisfazione maggiore? «Aver giocato in Nazionale». Capitolo Fiorentina: che ne pensa della squadra di Pioli?
«È un anno di transizione. Nel momento in cui cambi tutto, non è semplice raggiungere velocemente dei risultati come successe con Montella. Però anche ai miei tempi Mihajlovic aveva riscontrato le stesse difficoltà di quella attuale. Serve tempo. E se lavori coi giovani ci vuole ancora più tempo. Però sono contento di vedere Astori capitano».
Che idea si è fatto dello strappo tra una parte della tifoseria e i Della Valle?
«La verità in questi casi sta nel mezzo. Il tifoso spera sempre che la squadra venga migliorata per cercare di raggiungere un obiettivo importante e mugugna perché vorrebbe che la proprietà mettesse qualcosa in più. Dall’altra parte però c’è una proprietà che, negli anni, ha sempre speso per restare in alto. Poi nel calcio non è detto che più spendi, più vinci. Serve una programmazione. Vivendo da molti anni a Firenze, mi dispiace vedere che, quando sembra di aver trovato una certa alchimia tra squadra, società e ambiente, spesso si rompe il giocattolo e tocca ripartire da zero.Tutto questo porta malcontenti a tutte le parti: proprietà, squadra, tifoseria». Ma c’è una soluzione?
«Spero per il bene che voglio alla famiglia Della Valle, ai miei ex compagni e a Firenze, che possano ritrovare l’alchimia giusta per raggiungere i risultati che meritano. In questo modo tutto sarebbe appianato. E mi auguro che i Della Valle restino, perché non è semplice trovare proprietà italiane così solide».