Blitz con spray sul colosso di Fischer «Multato, invece meriterei un grazie»
L’appuntamento con Vaclav Pisvejc è nel suo monolocale-studio, in via de’ Ginori. L’artista originario di Praga abita in dieci o forse quindici metri quadrati divisi da una montagna di tele e di ritratti: da una parte c’è il letto e quella che definisce «la mia bottega», dall’altra una piccola cucina con un bel po’ di pentole ancora da lavare, un tavolo con due sedie e il computer.
Vaclav ci accoglie con le mani completamente arancioni, il colore usato per la sua «impresa» in piazza della Signoria.
Vaclav che tipo di artista è lei?
«Figurativo ed espressionista. Il mio faro sono Pollock, Magritte, Matisse, Duchamp e De Chirico. Vorrei essere come loro…».
Pollock e gli altri però non imbrattavano le opere degli altri. Per caso è pentito?
«E di che? Ho dato dignità a quell’ammasso di c… Mi aspetto che Fischer o Nardella mi chiamino o si complimentino».
Qualcuno la definisce un vandalo...
«La mia è arte. Poi c’è chi non lo capisce...».
Intanto imbrattando il Big Clay finirà su tutti i giornali del mondo. Mica male no?
«Dice davvero? Benissimo (batte le mani e si emoziona, ndr). Avrò la fama con una macchia...».
Ai vigili aveva detto pure di essere Urs Fischer.
«Una burla…».
Che intanto le ha fatto prendere tempo...
«Ma sono loro che ci hanno creduto! Certo, devo dire che io ho recitato benissimo... Gli agenti parlavano, mi chiedevano cose: sono rimasto calmo, impassibile. Anzi, ho continuato a dipingere per non insospettirli».
Vaclav perché lo ha fatto?
«Per avere un po’ di celebrità. Ho 50 anni, lavoro tanto, giro il mondo e mi impegno molto in quello che faccio, ma ai più sono sconosciuto. L’ovale arancione, che ho chiamato “Ritocco”, forse spezzerà questo brutto incantesimo che mi vede ai margini dell’arte».
Non c’è altro?
«A dire la verità, ho pensato che se Fischer aveva potuto mettere quella scultura ridicola nella piazza più bella del mondo, anche io avrei potuto dare un contributo».
E se l’artista o il Comune le chiedessero i danni?
«Non ci avevo pensato».
Quindi?
«Io sono tranquillissimo, non ho un euro. Magari lascio pure Firenze, qui la mia ispirazione si sta esaurendo».
Vaclav lei ha fatto di tutto per non nascondersi. Dica la verità, voleva essere “beccato”...
«Certo, volevo che mi si vedesse, che la gente mi fotografasse. Quando ho iniziato a spruzzare il colore con la mia bomboletta Molotov in piazza sono arrivate due pattuglie delle forze dell’ordine: mi hanno guardato e non mi hanno detto nulla. Posso dire che questa cosa mi è piaciuta?».
Può dire quello che vuole...
«Mi sentivo al centro del mondo, onnipotente. Ho tracciato quell’ovale il più velocemente possibile. Volevo che fosse grande, gigantesco. E comunque non ho fatto nulla di male. Sono animato solo dall’arte».
Ma lei come si definirebbe?
«Un disperato, come tutti».
L’ho fatto per diventare famoso Ora tutti parleranno di me