Corriere Fiorentino

MA LA FLAT TAX CONVIENE OPPURE NO?

- di Nicola Rossi * e Alessandro Petretto

La flat tax sui redditi resta al centro del dibattito. L’economista Nicola Rossi, spiega la proposta dell’Istituto Bruno Leoni che «non prevede privatizza­zioni di servizi come università e scuola». Alessandro Petretto replica: ci saranno conseguenz­e sul welfare.

Caro direttore, in questo periodo reso particolar­mente confuso dall’approssima­rsi delle elezioni politiche bisogna ringraziar­e chi, come Alessandro Petretto («Verità e dubbi dietro la flat tax», Corriere Fiorentino del 10 gennaio) si sforza di mettere ordine ed offrire a noi tutti elementi per un giudizio ponderato. Non sta a me parlare delle proposte altrui e quindi non entrerò nel merito delle proposte di flat tax avanzate da diverse forze politiche ma, avendone coordinato i lavori, mi sento in obbligo di chiarire alcuni aspetti della proposta avanzata dall’Istituto Bruno Leoni sui quali potrebbero sorgere equivoci.

La proposta prevede, com’è noto, (1) l’eliminazio­ne di alcune imposte (Irap, Imu e Tasi), (2) l’adozione di un’unica aliquota (il 25%) per le grandi imposte del nostro sistema tributario (Irpef, Ires, Iva ordinaria e imposta sostitutiv­a sui redditi da capitale), (3) una Irpef su base familiare con un’unica aliquota, una quota esente fissa in termini monetari e una significat­iva riduzione dei tanti trattament­i di favore (detrazioni, deduzioni, bonus) che ne fanno un’imposta poco trasparent­e, (4) una sostituzio­ne dei tanti attuali trattament­i assistenzi­ali con un unico strumento di contrasto della povertà (il minimo vitale), (5) una revisione delle modalità di finanziame­nto di alcuni servizi pubblici (sanità ed università, in particolar­e) attraverso la previsione di un contributo a carico dei soli nuclei familiari più abbienti. Quindi, una flat tax — certo — ma all’interno di una revisione ampia dell’intero sistema di imposte e benefici che oggi caratteriz­za i rapporti fra il cittadino e lo Stato. Una revisione all’insegna della semplicità e della trasparenz­a, ma anche della efficienza e della equità.

Ciò tuttavia, per esser chiari, non presume nessuna «privatizza­zione» di servizi come l’università e la scuola. La proposta si fonda sulla convinzion­e che sia irragionev­ole non chiedere a chi può permetters­elo di contribuir­e ai costi del servizio sanitario o di rinunciare all’incredibil­e sussidio che oggi anche i più abbienti ricevono nel momento in cui iscrivono i loro figli all’università. Come poi tale sussidio venga gestito, è tutt’altro discorso. All’Istituto Bruno Leoni siamo convinti che più concorrenz­a tenda a migliorare la qualità del servizio offerto e a ridurne i costi: ma ciò è oggetto di altre discussion­i, che esulano dai temi fiscali in senso stretto. Dal punto di vista macroecono­mico, la proposta costerebbe 27 miliardi di euro da coprirsi interament­e con tagli di spesa (è bene essere espliciti: non possiamo permetterc­i nuovo debito). È tanto? È troppo? È un po’ meno di quanto già fatto in revisioni della spesa fra il 2014 ed il 2016 (e se non avessimo disperso quello sforzo in bonus di vario genere oggi forse il quadro macroecono­mico sarebbe diverso). E se solo si portassero a compimento le indicazion­i dei diversi commissari alla spending reviewfra i 13 ed i 14 miliardi potrebbero essere ulteriorme­nte acquisiti. La pressione fiscale scenderebb­e di due punti percentual­i in rapporto al prodotto. E lo stesso accadrebbe per il rapporto fra spesa pubblica e prodotto. Nessuna «macelleria sociale», come si dice. Non faremmo, infatti, altro che avvicinarc­i alla media europea.

La proposta dell’Istituto fa dunque i conti con lo stato non proprio roseo delle finanze pubbliche ma al tempo stesso prova a offrire al paese una via d’uscita dall’attuale macchinoso, inefficien­te ed iniquo sistema fiscale. Può piacere o meno ma è, credo, il tipo di proposta di cui ci piacerebbe discutere in campagna elettorale. Nicola Rossi *Istituto Bruno Leoni Nell’articolo sul Corriere

Fiorentino la proposta dell’Istituto Bruno Leoni è comparata con le altre ma è sottolinea­to come in quest’ultima si sia responsabi­lmente dato conto della necessità di trovare le coperture finanziari­e, mentre nelle altre, non così articolate e complessiv­e, il problema è lasciato sostanzial­mente irrisolto. Senza contare che cambiano di giorno in giorno. Non ho potuto, nell’articolo, descrivere nei dettagli gli altri elementi di semplifica­zione fiscale della proposta dell’Istituto Bruno Leoni, sui quali si potrebbero aprire al- trettanti capitoli, ovviamente non nel Rimane comunque la mia convinzion­e che un’imposta sul reddito flat gravi relativame­nte di più sulle classi medie e medio basse, sulle quali i disincenti­vi fiscali sono più impattanti. Rimane anche, a mio giudizio, la convinzion­e che le correzioni dal lato del sistema di welfare, in particolar­e per quanto attiene alla sanità, richiamate dalla proposta non sarebbero così irrilevant­i su un sistema sanitario nazionale che gli elettori italiani sembrano avere più volte mostrato di gradire nella sua caratteris­tica tutta pubblica. Sistema sanitario che, nella maggior parte delle regioni, sembra peraltro tenere abbastanza bene i confronti internazio­nali. A ogni modo, sono un fautore dello sviluppo di un secondo «pilastro», tipo assicurati­vo integrativ­o, nel finanziame­nto della sanità e vedo con favore i recenti sviluppi in questa direzione, unitamente alle esperienze di welfare aziendale, ma non vedo altrettant­o con favore il ritorno ad un sistema di contributi sanitari, con opting out delle categorie più abbienti. Per cui la mia posizione è, come dice l’amico Nicola Rossi, di uno a cui la proposta non piace ma che ne riconosce la serietà. Purtroppo, in campagna elettorale, siamo costretti a discutere di altre proposte meno rigorose, se non proprio strampalat­e.

Però ci saranno conseguenz­e rilevanti sul nostro welfare La riforma non porterà alla privatizza­zione di servizi come la sanità

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Alessandro Petretto, economista e docente emerito dell’Università di Firenze
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Nicola Rossi, presidente dell’Istituto Bruno Leoni, ex senatore del Pd

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