SE IL FUOCO AMICO COLPISCE ROSSI
Dividersi in nome della purezza politica, a costo di rendere più forti gli avversari. È stato questo, più o meno, il filo conduttore della sinistra italiana nella sua tribolata storia. Ma almeno all’inizio i gruppi scissionisti hanno sempre goduto di una certa unità d’intenti. Basti pensare alla nascita del Psiup quando nel 1964 la sinistra di Tullio Vecchietti e Lelio Basso decise l’addio al Psi. Sta andando diversamente con i fuorusciti dal Pd, confluiti in Mdp-Articolo 1, che alle prossime elezioni politiche si presentano nelle liste di Liberi e Uguali insieme alla sinistra di Fratoianni (più il gruppo di Giuseppe Civati). Ebbene, sono bastate le prima battute della campagna elettorale perché le due anime di LeU si dividessero su un problema politicamente cruciale: i rapporti con i Cinque Stelle. Per la componente più riformista, vicina a Speranza, è impensabile aprire un varco (dando una patente di credibilità) a Di Maio e C.; per la componente più movimentista, invece, i giochi si faranno dopo il voto. Ed è stato lo stesso leader di LeU, Pietro Grasso, a non escludere un’intesa, nonostante il parere pregiudizialmente contrario della presidente della Camera, Laura Boldrini. E lo ha fatto con toni tutt’altro che soft. Si vedrà — ha detto in sostanza Grasso — ma il leader sono io e la decisione toccherà a me prenderla. La novità può creare seri imbarazzi al governatore della Toscana, Enrico Rossi, che è entrato in Mdp, ma che a Palazzo Strozzi Sacrati guida una coalizione di cui il Pd è il pilastro. E il nodo delle alleanze è un motivo in più per dubitare della possibilità che la giunta regionale passi indenne la prova del 4 marzo. Non a caso, alla fine della scorsa settimana, lo stesso Rossi si era precipitato a dichiararsi favorevole all’idea di un asse con il Pd negli enti locali (anche in chiave anti Cinque Stelle), nonostante il contrasto sulla politica nazionale. La risposta che gli è arrivata da Stefano Fassina (componente Fratoianni) non poteva essere più disarmante, per non dire insultante: «Con le sue continue e scomposte esternazioni, non è chiaro a nome di chi, il presidente Rossi — ha scritto Fassina su Facebook sabato scorso — non aiuta un passaggio complicato». Alla fine LeU ha appoggiato la candidatura di Zingaretti nel Lazio e stroncato quella di Gori in Lombardia. Un sì e un no a due uomini che sono espressione di uno stesso partito (il Pd). Se questa non è quella personalizzazione della politica che gli scissionisti rimproveravano duramente a Renzi che altro è?
E la divaricazione di LeU sul M5S non è forse la riprova che solo sull’antirenzismo è difficile costruire un progetto politico coerente? Solo domenica il segretario regionale del Pd, Dario Parrini, ha speso due parole a sostegno di Rossi, finito con la sua offerta sotto il fuoco amico. Non proprio un moto dell’anima, visto che nel frattempo era trascorso qualche giorno. Un po’ poco, comunque, per profetizzare al governo della Toscana un futuro radioso, al riparo dai vecchi e nuovi frazionismi.