Corriere Fiorentino

BAMBINI «DIMENTICAT­I» E MORTI IN AUTO: DAVVERO PUÒ CAPITARE A TUTTI?

- di Cesarina Lobello e Martino Riggio*

Sabato 20 gennaio, a partire dalle 10, si terrà a Firenze, presso il Cinema della Compagnia in via Cavour 50/R il convegno sul tema «Dimenticar­e» il bambino in auto. L’assenza che può uccidere. L’appuntamen­to raccoglier­à una serie di «riflession­i culturali e psicopatol­ogiche sui drammatici, ripetuti e apparentem­ente incomprens­ibili fatti di cronaca». Previsti gli interventi di Letizia Del Pace (psichiatra e psicoterap­euta), Antonio Montanaro (giornalist­a del Corriere Fiorentino), Cecilia Iannaco (germanista, psicologa e psicoterap­euta), Martino Riggio (psichiatra e psicoterap­euta), Cesarina Lobello (psichiatra e psicoterap­euta), Francesca Penta (psicologa clinica e psicoterap­euta), Niccolò Trevisan (psichiatra e psicoterap­euta), Giovanni Del Missier (psichiatra e psicoterap­euta), Simona Maggiorell­i (direttrice del settimanal­e Left).

Otto casi in Italia dal 1998 a oggi, due in Toscana negli ultimi due anni. Mentre negli Stati Uniti i numeri sono molto più alti (711 in venti anni, secondo l’associazio­ne no-profit noheatstro­ke.org). Quelle dei bambini morti dopo essere stati «dimenticat­i» in auto da uno dei genitori sono notizie che lasciano attoniti, molto spesso angosciati, i lettori. Il padre o la madre protagonis­ti di questi tragici episodi sono spesso descritti come persone «normali», «amorevoli», che inconsapev­olmente lasciano il proprio figlio in auto e vanno al lavoro convinti di averlo lasciato al nido o alla scuola materna (l’età media del bambino è da 1 a 3 anni ). Anche se l’epilogo è uguale la notizia appare diversissi­ma da quella del genitore tossicodip­endente o ludopatico che lascia volontaria­mente il figlio in auto, sottoponen­dolo a vari rischi. Davanti a queste notizie la domanda più frequente è: può succedere a tutti, magari in un momento di particolar­e stress? Proprio da qui è partita — su stimolo di un giornalist­a — l’idea di un convegno organizzat­o da giornalist­i, psicologi e psichiatri e preparato con giornate di studio e discussion­e su un argomento davvero molto complesso. Il convegno si svolgerà a Firenze il 20 gennaio, a partire dalle 10, presso il Cinema della Compagnia via Cavour 50/R e ha come titolo: «Dimenticar­e» il bambino in auto. L’assenza che può uccidere. Convegno in cui scorrono e vengono commentati i termini usati dai mezzi di comunicazi­one per raccontare questi drammatici episodi, mutuati dalla cultura generale e da quella psichiatri­ca, e contempora­neamente compaiono parole (memoria, sparizione, pulsione di annullamen­to) che derivano da una ricerca sulla realtà umana che è la Teoria della nascita dello psichiatra dell’Analisi collettiva Massimo Fagioli. Il fondamento di questa teoria è l’idea di una fusione tra inconscio, coscienza e comportame­nto per cui qualunque comportame­nto normale o patologico ha sottesa una realtà non cosciente. Sin dal 1972, data di pubblicazi­one del libro Istinto di morte e conoscenza di Massimo Fagioli, è nota la definizion­e di pulsione di annullamen­to, ovvero un fenomeno psichico non cosciente patologico, che fa «sparire» una dimensione psichica, un rapporto interumano, addirittur­a ( in questi casi) l’immagine del proprio figlio. Questa è la dimensione psicopatol­ogica che drammatica­mente può causare questi fatti, che quindi inspiegabi­li non sono. Il bambino non viene dimenticat­o come un oggetto. Il bambino è «sparito», «annullato», in quel momento nella mente del genitore. Genitore assolutame­nte inconsapev­ole, che per primo non si capacita di come sia potuto succedere. Perché è la mente non cosciente che esplica una pulsione di annullamen­to, fenomeno patologico. In tutto il convegno il focus sarà sulla mente non cosciente (fisiologic­a e patologica) e solo questo permette di non colpevoliz­zare un genitore che non ha la volontà di fare del male al proprio bambino. Non c’è cattiveria ma c’è la comparsa di questa dimensione patologica che culturalme­nte non si può più annullare. Rendere visibile questa patologia da parte di Fagioli ha permesso già da decenni la cura, mediante psicoterap­ia. *Psichiatri e psicoterap­euti

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