Corriere Fiorentino

«Penso sempre a quei morti»

«Noi sindaci lasciati da soli». Il confronto con le opposizion­i in Consiglio, l’appoggio dei leader nazionali M5S La difesa di Nogarin, indagato per l’alluvione di Livorno. Di Maio: solo un atto dovuto

- DAL NOSTRO INVIATO Marzio Fatucchi (ha collaborat­o Simone Lanari)

Nella sua cantina di casa, quella allagata durante l’alluvione del 10 settembre, Filippo Nogarin ha steso un lungo foglio di carta per descrivere tempi e persone. Tutte le fasi prima e dopo quella bomba d’acqua che provocò otto morti, e per il quale il sindaco di Livorno è indagato in concorso per omicidio colposo plurimo, sono descritte evento per evento su quel foglio: frecce indicano chi ha fatto cosa, dove, come. È una tecnica che il sindaco usava per il suo lavoro da ingegnere aerospazia­le, per organizzar­e i processi dentro le industrie. In questi giorni gli è servito per prepararsi all’interrogat­orio di cinque ore in Procura a Livorno: lui, indagato per la tragica alluvione, deve dimostrare che non è sua la responsabi­lità di quanto successo quella notte.

Da tempo sapeva che sarebbe stato indagato, anche prima che gli arrivasse l’avviso a casa: il capo della Protezione civile è lui, e ad essere sotto accusa sono i meccanismi e le azioni (o le omissioni) che dipendevan­o da lui e dalla Protezione civile. Lunedì le cinque ore di interrogat­orio poi, alle 20, Nogarin scrive il post in cui rende noto di essere indagato. «È giusto che di fronte alla morte di otto persone, gli inquirenti indaghino a 360 gradi». Poi, nel suo profilo privato, prima di andare a let- to — e magari dopo aver ridato un’occhiata a quella lunga pagina in cui ha provato a sviscerare cosa è successo in quelle 24 ore — il sindaco ha pubblicato la foto di Cattivissi­mo me, il personaggi­o del film Pixar. Pubblica ogni sera una foto di cartoni animati, per i figli, ma stavolta qualcuno l’ha letta in modo diverso.

Ieri mattina, dopo aver portato i figli a scuola, Nogarin è tornato in Comune, assediato dalle telecamere di tutte le tv italiane. Un sindaco grillino indagato per concorso in omicidio è una notizia. E per gli avversari, soprattutt­o quelli del Pd, è il giusto contrappas­so per le posizioni del M5S quando gli eventi erano a parti invertite; non a caso, in tutti i livelli del Pd toscano, nessuno chiede esplicitam­ente le dimissioni ma solo come possa «serenament­e proseguire il proprio ruolo con un capo di accusa così grande sulle spalle». Ma Nogarin non è sereno. Accoglie il capo dei vigili Riccardo Pucciarell­i, capo della Protezione civile indagato anche lui: i due devono parlare di come riorganizz­are gli uffici. Arrivano due agenti della polizia giudiziari­a, i cronisti si scaldano: in realtà è per una denuncia fatta da Nogarin contro uno stalker e diffamator­e.

Il sindaco prepara il suo intervento in Consiglio comunale. Poi va a incontrare la delegazion­e dell’Ambasciata olandese per il piano di riqualific­azione di fronte alla chiesa degli Olandesi.

Infine il Consiglio comunale. Nogarin spiega che non può entrare nei dettagli: «Però ho risposto a tutte le domande». Aggiunge: «Non passa giorno senza che io mi metta a pensare e ripensare a cosa sarebbe successo se avessi preso decisioni diverse quel 9 settembre, nelle ore in cui veniva allestita la macchina per affrontare la fase dell’allerta meteo». E non è l’unico pensiero fisso: «Penso sempre a quei morti», ripete a chi gli sta vicino. In Consiglio ragiona da amministra­tore: «Tra qualche tempo arriverà il momento di aprire una riflession­e, a livello di Anci (l’Associazio­ne dei Comuni, ndr) sul grado di responsabi­lità data ai sindaci in caso di eventi calamitosi di questa portata» e «di ragionare sui sistemi di allerta e sulle procedure per rispondere alle emergenze». «In queste situazioni i sindaci vengono lasciati soli», si sfoga in privato. Ma «ho un lavoro da portare a termine, continuerò a svolgere il mio ruolo con il massimo impegno». I toni delle opposizion­i sono mediamente pesanti, ma nessuna mozione di sfiducia. Lui non risponde, se ne va.

Per tutta la giornata lo chiamano da Genova, Roma, Torino: Beppe Grillo, Luigi Di Maio, la sindaca di Torino Chiara Appendino. Virginia Raggi, collega della Capitale, manda un messaggio. Per tutta la giornata tiene la grinta che è nota. Ma agli amici confida: stasera cena a casa coi bimbi. E, appena potrà, farà un liberatori­o giro con la sua moto, una Husqvarna 400. Tre mesi fa si ruppe un malleolo, ma è già tornato in pista. Non vuole farsi azzoppare, neanche da questa inchiesta. «Vado avanti» dice, e il M5S — nonostante i quattro avvisi di garanzia ricevuti — continua a sostenerlo: il 25 gennaio Di Maio sarà a Livorno. Lo stesso Di Maio che ieri a diMartedì ha parlato di «atto dovuto» e confrontan­do il caso Livorno con Genova ha sottolinea­to come Nogarin non abbia cementific­ato, mentre Marta Vincenzi, sindaco di Genova, sia «di un partito che ha governato per anni». Intanto a Livorno, città che si ricorda cosa successe quella notte, è dura trovare chi punta il dito (solo) su di lui: «E che può essere solo colpa sua? Io il sindaco non lo farei neanche per un milione di euro». Chissà se Nogarin si è fatto la stessa domanda, guardando quei fogli e quelle frecce in cantina.

Il Movimento fa quadrato Le chiamate di Grillo, Raggi e Appendino. E poi Di Maio a La 7: «Come a Genova? No, lì la sindaca è del partito che ha cementific­ato»

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Il sindaco Filippo Nogarin davanti al Centro della Protezione civile nei giorni seguenti all’alluvione

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