«Penso sempre a quei morti»
«Noi sindaci lasciati da soli». Il confronto con le opposizioni in Consiglio, l’appoggio dei leader nazionali M5S La difesa di Nogarin, indagato per l’alluvione di Livorno. Di Maio: solo un atto dovuto
Nella sua cantina di casa, quella allagata durante l’alluvione del 10 settembre, Filippo Nogarin ha steso un lungo foglio di carta per descrivere tempi e persone. Tutte le fasi prima e dopo quella bomba d’acqua che provocò otto morti, e per il quale il sindaco di Livorno è indagato in concorso per omicidio colposo plurimo, sono descritte evento per evento su quel foglio: frecce indicano chi ha fatto cosa, dove, come. È una tecnica che il sindaco usava per il suo lavoro da ingegnere aerospaziale, per organizzare i processi dentro le industrie. In questi giorni gli è servito per prepararsi all’interrogatorio di cinque ore in Procura a Livorno: lui, indagato per la tragica alluvione, deve dimostrare che non è sua la responsabilità di quanto successo quella notte.
Da tempo sapeva che sarebbe stato indagato, anche prima che gli arrivasse l’avviso a casa: il capo della Protezione civile è lui, e ad essere sotto accusa sono i meccanismi e le azioni (o le omissioni) che dipendevano da lui e dalla Protezione civile. Lunedì le cinque ore di interrogatorio poi, alle 20, Nogarin scrive il post in cui rende noto di essere indagato. «È giusto che di fronte alla morte di otto persone, gli inquirenti indaghino a 360 gradi». Poi, nel suo profilo privato, prima di andare a let- to — e magari dopo aver ridato un’occhiata a quella lunga pagina in cui ha provato a sviscerare cosa è successo in quelle 24 ore — il sindaco ha pubblicato la foto di Cattivissimo me, il personaggio del film Pixar. Pubblica ogni sera una foto di cartoni animati, per i figli, ma stavolta qualcuno l’ha letta in modo diverso.
Ieri mattina, dopo aver portato i figli a scuola, Nogarin è tornato in Comune, assediato dalle telecamere di tutte le tv italiane. Un sindaco grillino indagato per concorso in omicidio è una notizia. E per gli avversari, soprattutto quelli del Pd, è il giusto contrappasso per le posizioni del M5S quando gli eventi erano a parti invertite; non a caso, in tutti i livelli del Pd toscano, nessuno chiede esplicitamente le dimissioni ma solo come possa «serenamente proseguire il proprio ruolo con un capo di accusa così grande sulle spalle». Ma Nogarin non è sereno. Accoglie il capo dei vigili Riccardo Pucciarelli, capo della Protezione civile indagato anche lui: i due devono parlare di come riorganizzare gli uffici. Arrivano due agenti della polizia giudiziaria, i cronisti si scaldano: in realtà è per una denuncia fatta da Nogarin contro uno stalker e diffamatore.
Il sindaco prepara il suo intervento in Consiglio comunale. Poi va a incontrare la delegazione dell’Ambasciata olandese per il piano di riqualificazione di fronte alla chiesa degli Olandesi.
Infine il Consiglio comunale. Nogarin spiega che non può entrare nei dettagli: «Però ho risposto a tutte le domande». Aggiunge: «Non passa giorno senza che io mi metta a pensare e ripensare a cosa sarebbe successo se avessi preso decisioni diverse quel 9 settembre, nelle ore in cui veniva allestita la macchina per affrontare la fase dell’allerta meteo». E non è l’unico pensiero fisso: «Penso sempre a quei morti», ripete a chi gli sta vicino. In Consiglio ragiona da amministratore: «Tra qualche tempo arriverà il momento di aprire una riflessione, a livello di Anci (l’Associazione dei Comuni, ndr) sul grado di responsabilità data ai sindaci in caso di eventi calamitosi di questa portata» e «di ragionare sui sistemi di allerta e sulle procedure per rispondere alle emergenze». «In queste situazioni i sindaci vengono lasciati soli», si sfoga in privato. Ma «ho un lavoro da portare a termine, continuerò a svolgere il mio ruolo con il massimo impegno». I toni delle opposizioni sono mediamente pesanti, ma nessuna mozione di sfiducia. Lui non risponde, se ne va.
Per tutta la giornata lo chiamano da Genova, Roma, Torino: Beppe Grillo, Luigi Di Maio, la sindaca di Torino Chiara Appendino. Virginia Raggi, collega della Capitale, manda un messaggio. Per tutta la giornata tiene la grinta che è nota. Ma agli amici confida: stasera cena a casa coi bimbi. E, appena potrà, farà un liberatorio giro con la sua moto, una Husqvarna 400. Tre mesi fa si ruppe un malleolo, ma è già tornato in pista. Non vuole farsi azzoppare, neanche da questa inchiesta. «Vado avanti» dice, e il M5S — nonostante i quattro avvisi di garanzia ricevuti — continua a sostenerlo: il 25 gennaio Di Maio sarà a Livorno. Lo stesso Di Maio che ieri a diMartedì ha parlato di «atto dovuto» e confrontando il caso Livorno con Genova ha sottolineato come Nogarin non abbia cementificato, mentre Marta Vincenzi, sindaco di Genova, sia «di un partito che ha governato per anni». Intanto a Livorno, città che si ricorda cosa successe quella notte, è dura trovare chi punta il dito (solo) su di lui: «E che può essere solo colpa sua? Io il sindaco non lo farei neanche per un milione di euro». Chissà se Nogarin si è fatto la stessa domanda, guardando quei fogli e quelle frecce in cantina.
Il Movimento fa quadrato Le chiamate di Grillo, Raggi e Appendino. E poi Di Maio a La 7: «Come a Genova? No, lì la sindaca è del partito che ha cementificato»