La sniffata di coca in ufficio e i regali per sveltire le pratiche
Questa inchiesta è partita da una denuncia, una normale querela che un cittadino siriano fece nei confronti di un connazionale. Era il 9 dicembre del 2005 quando l’uomo spiegò alla polizia che l’altro siriano aveva usato, a sua insaputa, «i suoi documenti personali e della sua ditta individuale omonima di imbiancatura per consentire a numerosi cittadini extracomunitari — si legge agli atti — di ottenere illecitamente e dietro pagamento il rinnovo del permesso di soggiorno dichiarando un falso rapporto di lavoro».
Quell’uomo, poi arrestato, è Iqbal Asijd che — intercettato dalla squadra mobile diretta da Antonio Fusco e coordinata dal pm Claudio Curreli — al telefono con un «cliente» diceva: «L’obiettivo della vostra vita è pagare, farvi fare gli affari è il mio lavoro, persone
di quasi tutte le città mandano i soldi... prima i soldi, poi concludiamo l’affare». Un lavoro redditizio, dato che la polizia ha scoperto che l’uomo aveva reinvestito soldi in case comprate nel suo paese di origine. Tanto poteva contare su «italiani che continuo
a pagare», diceva. È in questo momento che spunta la figura di Franca Maino, che per un periodo — prima di essere stata «isolata» dalla polizia stessa che la trasferì a Livorno — era all’ufficio immigrazione della questura di Pistoia: secondo l’accusa si faceva dare 300 euro a pratica. C’era anche Valerio De Angelis, addetto allo sportello immigrazione della Prefettura: si occupava di ricongiungimenti familiari che, per la Procura, agevolava dietro somme che variavano dagli 800 ai 1.200 euro. «Ti porto un regalo a casa come le altre volte», gli ha detto una volta Asijd.
A partire dal luglio del 2014 la squadra mobile ha stabilito che tra il funzionario e il pakistano risultano «96 conversazioni di cui ben 82 avvenute sull’utenza fissa della Prefettura in uso» a De Angelis. In questa «rete» figurano anche Sergio Cotti ed Enrico Ricciarini: per conto del Comune di Pistoia si occupano del rilascio delle certificazioni alloggiative. Una gestione «allegra» dell’ufficio: i due dipendenti, ora sospesi, sono stati filmati mentre tiravano cocaina. Eppure erano loro gli incaricati ad attestare un passaggio
fondamentale per gli immigrati che poi possono chiedere la carta di soggiorno. Gli investigatori li hanno anche fotografati mentre si incontrano con alcuni indagati in vari posti della città presumibilmente per parlare delle pratiche. In un filmato si sente Ricciarini dire a Asijd: «Per i sopralluoghi non è un problema, se hai bisogno noi veniamo». Il pakistano risponde: «Bene, bene, tu ti prendi i soldi».
Un commercialista, Adriano Gagetti, si sarebbe intascato 1.000 euro a pratica per falsificare la documentazione reddituale. Anche Massimo Morini ha gestito, grazie al suo studio di consulenza, 28 false pratiche di rinnovo di permessi di soggiorno per albanesi e marocchini. Poi, già che c’era, stando alle risultanze investigative del procuratore Paolo Canessa, ha dichiarato falsamente di aver avuto alle proprie dipendenze gli stranieri, riuscendo così «a far ottenere a loro i contributi di disoccupazione dell’Inps».
È emerso anche che il pachistano avrebbe beneficiato dei favori di impiegati postali compiacenti addetti alla ricezione dei kit. Per agevolare il procedimento, avrebbe anche corrotto alcuni pubblici ufficiali in servizio presso gli uffici dei vari Enti competenti. Riguardo all’ex poliziotta arrestata, il questore di Pistoia Salvatore La Porta ha sottolineato come «l’ufficio ha avuto gli anticorpi per poter reagire e fare quello che andava fatto». Questa inchiesta ipotizza, a vario titolo, i reati di corruzione, violazione del segreto d’ufficio, traffico di influenze illecite, riciclaggio, truffa ai danni dello Stato, falso ideologico e materiale, furto, omissione di atti d’ufficio e cessioni di sostanze stupefacenti. Ma le indagini sembrano essere all’inizio: altre 240 persone sono state denunciate. E si aspetta di capire che cosa ci sia nei cellulari e nei pc sequestrati.
Il capo della rete: «Farvi fare gli affari è il mio lavoro» L’uomo avrebbe pagato anche vari dipendenti delle Poste»