Corriere Fiorentino

Giovani, arte e Belice Per un nuovo riscatto (a colpi di bellezza)

- di Gaspare Polizzi

Acinquant’anni di distanza dal terremoto nella valle del Belice è bello vedere un gruppo di otto studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Firenze, con tre siciliani, compreso un gibellines­e, che pensa a a una mostra dedicata a quella terra. Il titolo è «Nella valle del Belice. Residenza artistica nella cittàmuseo»: qui si è chiusa il 9 gennaio ma la prossima estate sarà allestita proprio nel cuore del territorio ferito dal sisma di mezzo secolo fa.

Giuseppe Fontana, Ignazio Giordano, Leonardo Meoni, Francesco Perrini, Antonella Piano, Rosario Sorrenti, Alessandra Tamberi e Arianna Tosi, giovani senza un’esperienza diretta del terremoto, sono tornati a Gibellina nel marzo dello scorso anno, grazie al sostegno dei professori Umberto Bisi, Angela Nocentini e Giandomeni­co Semeraro, per confrontar­si con il più grande museo all’aperto di arte contempora­nea in Europa. Il Sessantott­o è iniziato con il terremoto del Belice, il primo dell’Italia postbellic­a, che nella notte fra il 14 e il 15 gennaio rase al suolo le povere case di Gibellina, Salaparuta, Santa Ninfa, Montevago, Partanna, Poggioreal­e e Santa Margherita Belice. Fece circa 300 morti e decine di migliaia di senzatetto. Fu il primo terremoto mediatico. L’Italia e il mondo scoprirono una terra arcaica, dominata dalla miseria e dalla fame. Alcune di questi paesi non rinasceran­no più.

Ora si pensa di trasformar­e i ruderi spettrali di Poggioreal­e in luogo turistico e set cinematogr­afico, quasi una Pompei moderna. Gibellina invece, il paese più noto della valle, fu ricostruit­a a una ventina di chilometri dal paese distrutto, grazie all’impegno del suo sindaco, Ludovico Corrao, con la collaboraz­ione di artisti, architetti e letterati di fama mondiale: Andrea Cascella, Pietro Consagra, Mimmo Paladino, Arnaldo Pomodoro, Franco Purini, Giuseppe Samonà, Leonardo Sciascia, Mario Schifano. E le macerie della vecchia Gibellina furono trasformat­e da Alberto Burri in un monumento, il Grande Cretto di cemento bianco che ricopre gli spazi delle rovine. Corrao avrebbe voluto trasformar­la in un cen- tro mondiale dell’arte contempora­nea. Chi visita il Museo d’Arte Contempora­nea e il Museo delle Trame Mediterran­ee ne rimane affascinat­o. Ma il tempo ha giocato contro la grande utopia di Corrao e Gibellina è tornata a subire un degradante isolamento. I giovani artisti dell’Accademia hanno elaborato una visione della bellezza che restituisc­e un’anima a una terra martoriata. Hanno riscritto la grande arte di Schifano, Paladino, Burri con elaborati grafico-pittorici, installazi­oni, progetti, foto e video, per dare un senso, anche civile e morale, al loro cimento artistico. È un modo per dimostrare l'impegno di Firenze per un nuovo riscatto, artistico e culturale, di questo pezzo di Sicilia. Usando la bellezza.

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 ??  ?? Il «cretto» di Burri a Gibellina. In alto i ragazzi dell’Accademia davanti alle loro opere sul sisma in Belice
Il «cretto» di Burri a Gibellina. In alto i ragazzi dell’Accademia davanti alle loro opere sul sisma in Belice

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