VELENI E BOOMERANG
N
on s’era mai visto cercare di liquidare un sindaco alla conclusione del suo primo mandato con modi tanto bruschi da parte di un esponente del suo stesso partito.
Bruno Valentini, primo cittadino di Siena, è stato accusato dalla vicesegretaria dell’Unione comunale del Pd di essere un bravo ragioniere, ma di non avere reso più coesa una maggioranza fin dall’inizio traballante. Il diktat espresso senza giri di parole non rispecchia affatto l’opinione delle quattro — dicesi quattro — componenti renziane che si agitano nel rissoso consesso. Il segretario Simone Vigni si è subito premurato di spegnere l’incendio, rinviando la riunione della Direzione in calendario per ieri sera. Vien da chiedersi se non sarebbe preferibile per il Pd e per la città far leva sui risultati ottenuti dall’amministrazione uscente e darsi da fare per intessere alleanze in grado di allargare il consenso critico attorno ad una piattaforma che non parte da zero. Il bilancio dei cinque anni non è certo clamoroso, né poteva esserlo, ma qualche buon risultato è stato raggiunto. Non era a portata di mano rimettere in sesto le malconce finanze comunali. Ora qualche investimento è stato varato per lavori pubblici e servizi sociali trascurati. E perfino certe malmesse realtà come la riconversione in Centro culturale polivalente del Santa Maria della Scala stanno riacquistando vitalità. A fronte di questi segni incoraggianti sta il vuoto di convincenti proposte alternative. Se, però, il Pd indugiasse ancora nel farraginoso metodo delle consultazioni dei suoi 14 circoli (meno di mille iscritti, bassa la partecipazione) per registrare scontate lamentele rischierebbe davvero grosso. Secondo un sondaggio commissionato da sostenitori del sindaco Pd, Bruno Valentini incasserebbe oggi il consenso del 44 per cento dei senesi. Comunque si vedano le cose, urgente è definire una mobilitante prospettiva che rivendichi al Comune — in vista delle amministrative in calendario forse a giugno — il ruolo che è abilitato a svolgere, spazzando via sogni magniloquenti e borie localistiche. Le decisioni finali spetteranno solidalmente a quanti accetteranno, con pari dignità, la non facile sfida. In ogni caso la decisione di candidare al Parlamento il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan, scegliendo proprio il collegio di Siena, da una parte significa che il Pd intende rivendicare il salvataggio di migliaia di risparmiatori coinvolti nella bufera delle banche, dall’altra che nella città del Monte l’asticella si alza per tutti. Sia il 4 marzo che nelle successive elezioni comunali. Intanto domani Enrico Mentana condurrà una puntata dedicata a Siena del suo televisivo Bersaglio mobile. Il tema sarà «La caduta: storia di una morte, di una banca, di una città». Il giornalismo d’inchiesta è sempre benvenuto, ma un titolo così, che sembra allungare le ombre del caso di David Rossi sui destini di tutta la città, rischia di confondere i piani delle analisi e raccontare in blocco Siena come un giallo inestricabile e insolubile. Meglio sarebbe impostare un discorso serio sulle responsabilità — senesi, nazionali e internazionali — di chi ha provocato il disastro, ma insieme sulle risorse che la città ed il suo territorio posseggono. Il Monte dei Paschi affronta un duro programma di rilancio. La ricerca in ambito biomedico tocca punte alte. Il patrimonio artistico offre eccezionali chances conoscitive e di scientifica valorizzazione. Il contesto ambientale ha un’attrattiva incontestabile e formidabili potenzialità economiche. Di contro, ci sono confusi scenari. Sarebbe bene che i senesi capissero che sovente l’ansiosa retorica del nuovo può celare, sotto mentite spoglie, il vecchio che s’affanna a tornare in gioco.
Scenario complicato Tra i Democratici c’è chi vuole silurare Valentini anche se il suo bilancio non è negativo L’ansia del «nuovo» e l’ombra del «vecchio»