Truffa allo Stato, l’accusatore di Renzi rinviato a giudizio
L’accusa Avrebbe lasciato il posto di lavoro in Comune senza timbrare
Alessandro Maiorano in una foto con Papa Francesco Per un caffè o per andare in Procura abbandonò il posto di lavoro a Palazzo Vecchio senza timbrare regolarmente il badge. Ieri Alessandro Maiorano, grande accusatore di Matteo Renzi, è stato rinviato a giudizio per truffa aggravata ai danni della pubblica amministrazione. Per lui, il processo si aprirà di fronte al giudice Raffaele D’Isa tra oltre un anno: il 6 febbraio 2019. A far partire l’inchiesta, una denuncia anonima. In quelle pagine, si segnalava che quattro impiegati comunali si allontanavano dagli uffici senza timbrare il cartellino. Le indagini della Digos, alla fine si concentrarono solo su Maiorano. Per sei volte, tra ottobre e novembre 2015, secondo il pm Luca Turco, l’impiegato comunale, avrebbe lasciato la scrivania senza alcuna giustificazione. «Il badge era rotto e chiesi alla direzione del personale di sostituirlo. Cosa che avvenne poco tempo dopo», si è sempre difeso Maiorano che ha firmato negli ultimi anni numerosi esposti contro il segretario del Pd. «In un paio di occasioni — ha spiegato — ero uscito da Palazzo Vecchio proprio per depositare le denunce in Procura». Negli altri casi, ha aggiunto, era andato a fare colazione al bar. «Dimostreremo al processo che il cartellino elettronico non funzionava — ha aggiunto l’avvocato Carlo Taormina — Non stupisce che Palazzo Vecchio finora non si sia costituita parte civile: l’amministrazione comunale è coinvolta anche in un procedimento per mobbing per aver relegato Maiorano in uno sgabuzzino». Negli ultimi anni, l’impiegato ha presentato numerosi esposti contro Renzi in Procura: dai presunti sprechi in Provincia fino al trasferimento in una casa messa a disposizione da Carrai. Ma tutti sono finiti con un’archiviazione. Maiorano non si è fermato e le accuse contro l’ex premier si sono moltiplicate anche sul web. Renzi ha replicato denunciandolo per diffamazione.