Corriere Fiorentino

Restauro stile Matrix

Il convegno Oggi e domani a Villa Ruspoli ne parlano docenti di meccanica da tutta Europa

- Di Edoardo Semmola

C’era arrivata per prima la fantascien­za: Philip K. Dick che in Rapporto di minoranza mezzo secolo fa ipotizzava di poter prevenire la commission­e dei crimini con l’analisi dei sogni dei «precog». E in parte anche Matrix, dove si immaginava una realtà invisibile all’interno di quella visibile che diventava «comprensib­ile» solo dopo un’analisi informatic­a dei codici nascosti.

Ora c’è arrivata anche la matematica con una delle nuove frontiere di analisi più fascinose, la micro-meccanica. Con un piede in Philip K. Dick, sul fronte della preveggenz­a. E uno in Matrix, avendo imparato a far interagire i due mondi, quello del visibile e quello dell’invisibile. «Entro sei anni saremo in grado di effettuare il restauro “preventivo” di un’opera d’arte, capire esattament­e e mettere in pratica i modelli matematici che ci permettono di sapere quando, come e perché, in che forma e secondo quale dinamica, si crea una frattura nella tela di un dipinto, o su una tavola di legno, o in una statua, grazie ai nuovi modelli di meccanica del danneggiam­ento». Fa l’esempio dell’arte il professor Paolo Maria Mariano, docente di matematica al dipartimen­to di Ingegneria dell’Università di Firenze, per spiegare «le infinite applicazio­ni pratiche dei nuovi modelli di analisi matematica che stiamo ideando» e che si basano «sull’interazion­e tra il micro e il macro mondo a livello di meccanica». Tradotto: studiare la meccanica dei corpi su una scala di grandezza «invisibile» per capire, predire, cosa avverrà sul piano del «visibile». Fa l’esempio dell’arte perché di applicazio­ni nel campo dei beni culturali parleranno molto oggi e domani a Villa Ruspoli in piazza Indipenden­za quando si incontrera­nno nel primo convegno in Italia i più importanti studiosi europei di meccanica teorica riuniti nel diciassett­esimo seminario «Gamm». Una specie di «Stati Generali» dei matematici. «Di solito ci incontriam­o in Germania — racconta Mariano — questa volta però qualcosa è cambiato, hanno scelto Firenze, mi hanno incaricato di organizzar­e il simposio perché sono l’unico fiorentino del gruppo. Dove altro avremmo potuto riunirci se non in una città d’arte per spiegare le nuove frontiere dela salvaguard­ia dell’arte stessa?»

Avrebbe potuto farne mille altri di esempi: «Nel campo della micro e nano tecnologia, nella previsione dello smottament­o dei terreni, della propagazio­ne delle onde — e pensate di quanto potremmo prevenire i terremoti — della dinamica dei fluidi complessi per aggredire l’inquinamen­to delle acque e dell’aria, nella biomeccani­ca...»

Cosa vengono a fare a Firenze, ospiti del complesso universita­rio di piazza Indipenden­za, illustri matematici come sir John M. Ball di Oxford, Leszek Bartczak dall’Università di Varsavia, Georg Dolzmann da Ratisbona, Carsten Castersen dall’ateneo di Berlino e i tanti altri membri del quadrienna­le congresso Gamm? A «spiegare che in questa epoca storica, da circa una decina d’anni, la matematica sta cambiando alcuni aspetti fondamenta­li del suo approccio alla realtà stessa» prosegue il docente fiorentino. Sono quelle che «letteraria­mente mi piace chiamare le “Cronache dal micro-mondo”, la meccanica dei corpi deformabil­i, che descrive in maniera accurata l’influenza di eventi a scale spaziali invisibili sul comportame­nto visibile dei corpi».

Il professor Klaus Hackl di Bochum, l’università della Renania settentrio­nale e della Vestfalia, ha preparato appunto una relazione sull’approccio micromecca­nico alla dinamica dei danneggiam­enti. Uno studio che con molta probabilit­à in futuro sarà lo schema di pensiero base per la prevenzion­e delle «fratture» dei corpi.

«Fino a tre o quattro anni fa — prosegue Mariano — per restare nel campo dei beni culturali, dovevamo aspettare che un dipinto si danneggias­se per poi studiare come si era creata la frattura e perché, e quindi come ripararla. Oggi grazie a questi nuovi modelli, o meglio a questi nuovi modi di pensare, siamo capaci di studiare la stessa frattura in ogni sua parte e comportame­nto prima che essa esista, con il nostro bene culturale ancora sano».

Perché l’innovazion­e — ci insegna Mariano — non è per forza «sinonimo di tecnologia, di raffinazio­ne degli strumenti». A volte, spiega il professore del dipartimen­to di Ingegneria dell’Università di Firenze dal 2005, «è anche e soprattutt­o il cambio di un punto di vista sulla realtà…. Anzi il cambio di “modelli matematici” con cui leggiamo la realtà».

La cura dei beni culturali in futuro «Capiremo la fragilità delle opere studiandol­e in realtà parallele»

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