Francesca e quei sogni nati sul tetto del mondo
La Michielin presenta da Feltrinelli il suo disco «2640»
All’Opera nato nel 2006 per promuovere tra i giovanissimi il melodramma, attraverso la rappresentazione della riduzione di un’opera di cartellone del Festival del Maggio, ed è il risultato del percorso di formazione teatrale e musicale del campo estivo «All’Opera… in Campo»: sul palco, assieme a cantanti ed attori professionisti, ci saranno a turno anche cento bambini che dallo scorso giugno hanno seguito una formazione corale e teatrale che li ha trasformati in un coro di voci bianche. All’allestimento hanno preso parte nell’ambito dei progetti di alternanza scuola lavoro, anche gli studenti del Liceo Dante e dei Licei Artistici Porta Roma e Leon Battista Alberti. Le prove al Teatro Goldoni de «La donna di Siviglia» con il coro delle voci bianche di Venti Lucenti, la regista Manu Lalli e le giovani «zingare» che accompagnano Carmen nel suo dramma d’amore
Ha vinto X-Factor e poi ci è tornata da «insegnante». Ha fatto capolino come ospite al Festival di Sanremo, e poi si conquistata la (quasi) vetta a suon di consensi, finendo seconda dietro agli Stadio. Ha appena assaggiato un po’ di cinema, ed è finita subito al Festival di Venezia come autrice della colonna sonora. È scappata in Colombia e ritornata. Pubblicato tre album, vinto sei premi. Tutto questo prima ancora di compiere 23 anni. È una ragazza che ha «fretta», Francesca Michielin, che domani alle 18.30 presenta alla Feltrinelli Red di piazza della Repubblica il suo nuovo disco «2640», in attesa di tornare in concerto con questi nuovi brani il 31 marzo al Viper Theater.
Ha fretta e ama bruciare le tappe, provare tutto subito, affamata, impaziente, «faccio sette cose insieme, anche adesso, durante l’intervista» dice. «Ho iniziato a fare questo lavoro e a vivere in questo mondo complesso e frenetico molto presto, ero troppo giovane, tutto è successo così velocemente» che nemmeno ventenne, Francesca, ha pensato bene di scappare. Dove? In Colombia. «Volevo sapere cosa significasse prendersi il tempo di un ritmo di vita diverso, disteso». Una fuga «ma non per stress — premette — né per nascondermi dalle responsabilità, semplicemente per curiosità». È così che nasce «2640» che è l’altitudine della capitale di Bogotà. Ha iniziato a scrivere e ne è nata Bolivia, una canzone figlia di quell’esperienza, pur portando il nome di un altro paese sudamericano. «Il mio brano politico — racconta — dove critico un certo modo superficiale di intendere il volontariato in modo egoistico».
Lei è fatta così. «Sono vulcanica, esplosiva». In parte timida e in parte dura, una sognatrice ma anche una ragazza concreta, una romantica, una combattente. «Sono tutte loro tutte insieme: fragile, sovrasensibile, un’esplosione di sensazioni». E il suo modo di approcciarsi al mondo, alle canzoni, alle persone, è racchiuso in un trittico di verbi all’infinito su cui ha costruito l’intero disco: «Comunicare, ascoltare, immaginare» che fanno da contraltare ai tre elementi naturali presenti nel disco: «il vulcano, il mare, la montagna». È innamorata di Alberto Angela e anche un po’ di Fernando Alonso. Indifferentemente. Perché neanche negli affari di cuore ci tiene a mettere troppo a fuoco. Giovanna Battaglia ed hanno fatto subito tendenza. Hanno la forma di un’oliva infilata in uno stuzzicadenti e sembrano proprio un aperitivo gourmet con cui rifinire un vodka Martini. Invece sono preziosi (anche nel prezzo) da mettere al lobo e con cui incorniciare il viso ad un evento mondano.
In fuga
«Sono scappata fino in Colombia per rallentare la mia vita. Ecco i brani nati a 2.640 metri»