GRANDI MUSEI, PICCOLA ITALIA
La nuova frenata del Consiglio di Stato alla nomina di direttori stranieri al vertice di alcuni dei nostri grandi musei fa fare all’Italia una nuova pessima figura davanti all’opinione pubblica internazionale, dice il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini. Non solo all’estero, però, ci viene da aggiungere, ma anche davanti a quella parte del Paese che sempre di più soffre il gioco di interdizione con cui qui si cerca di distruggere ogni novità, ogni tentativo di uscire da quella palude che garantisce vecchi equilibri e stravecchie consorterie. La riforma dei musei non sarà stata la panacea di tutti i mali, ma ha avviato una stagione nuova nella quale la tutela e la valorizzazione di un patrimonio inestimabile dovrebbero finalmente essere due facce della stessa medaglia. E l’autonomia di cui godono coloro che guidano i musei più grandi non avrà fatto miracoli, ma si è vista nitidamente nel varo di iniziative e metodi di gestione che hanno consentito una discontinuità con il passato. Quanto ai direttori stranieri, a Firenze ne abbiamo potuti osservare due, da molto vicino: Eike Schmidt agli Uffizi e Cecilie Hollberg all’Accademia. Senza la pretesa (e il cattivo gusto) di giudicare esperienze ancora in corso, possiamo però già dire che il loro pragmatismo, unito alla competenza, ha fatto bene alle due realtà. E a Firenze.
Ogni giorno parliamo di Europa. Spesso a vanvera, però. Come un luogo ideale dove esercitare la nostra retorica. Se davvero fossimo e ci sentissimo europei, forse anche le sentenze che incidono sulla nostra vita amministrativa sarebbero meno concilianti con una vera e propria «casta» che non si rassegna alla perdita di una singolare pretesa: escludere da ogni ruolo dirigente i «forestieri». Siamo ancora allo straniero usurpatore, insomma, ma ovviamente senza reciprocità. Perché l’italiano chiamato all’estero diventa regolarmente simbolo della nostra eccellenza. Miserie. Travestite da lungimirante saggezza. Tomaso Montanari ha scritto su Repubblica: «Non è ovvio che si possano affidare a non italiani le funzioni pubbliche per cui la Costituzione indica che i cittadini che le ricoprono hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge». Disciplina e onore: non sarebbe meglio evitare di salire in cattedra? E poi sì, ha ragione il professore fiorentino quando dice che non è ovvio che si possano affidare i nostri grandi musei agli stranieri. Ovvio no, ma a volte è auspicabile.