Corriere Fiorentino

Il teatro della filosofia, visto da San Domenico

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i vede sul frontespiz­io di alcune edizioni cinquecent­esche di Machiavell­i, alla Biblioteca Nazionale di Firenze, il nome dell’autore cancellato da mano ignota, con un frego di penna, per dispregio di quell’autore che aveva scritto sulla debolezza nella quale la presente religione ha condotto il mondo». Giorgio Colli inizia così il suo Dopo Nietzsche, uscito per Adelphi nel 1974. Torinese, era approdato a Lucca come professore di liceo per poi passare alla cattedra di Storia della filosofia antica a Pisa. Visse negli anni seguenti guardando Firenze dall’alto, da San Domenico. Rivoluzion­ò l’editoria, firmando progetti importanti per Einaudi e Boringhier­i. Centrale fu il suo lavoro su Nietzsche, di cui con Mazzino Montinari, dall’inizio degli anni ’60, ricostruì l’opera. La sua prosa è limpida, acuta: esprime una precisa qualità musicale. Il teatro torna spesso come metafora nelle sue scritture. Parla dell’autore della Nascita della Tragedia come di un «commediant­e, già in cuor suo, come aspirazion­e». Il suo lavoro sulla Sapienza greca, in cui rivisitava per la prima volta l’origine orientale, sciamanica, del pensiero antico, si trovava consonante con l’opera di Alessandro Fersen e con il pensiero di Carmelo Bene. La sua voce recita i punti principali del suo pensiero nel documentar­io di Marco Colli Modi di vivere, una conoscenza per cambiare la vita, realizzato nel 1980.

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