Corriere Fiorentino

TRA FIRENZE E MACERATA

- Di Paolo Ermini

«Non mi stanco mai di sottolinea­re come il nostro Paese abbia bisogno di sentirsi una comunità di vita in cui tutti siano legati da sorte comune e in cui si vive insieme agli altri, non con diffidenza, ma con gli altri»: l’appello del Capo dello Stato a tre giorni dal raid razzista di Macerata ci ha riportati alla strage dei senegalesi in piazza Dalmazia. Due morti, Samb Modou e Diop Mor, una ferita profonda inferta alla città da Gianluca Casseri, simpatizza­nte dell’estrema destra, che poi, braccato dalle forze dell’ordine, si uccise nel parcheggio del mercato di San Lorenzo. Era il 13 dicembre 2011. I fiorentini si ritrovaron­o in Palazzo Vecchio insieme con la comunità senegalese per ribadire la condanna di ogni forma di razzismo. E nel Salone dei Cinquecent­o si respirò proprio quel senso di comunità che ha chiesto ieri Mattarella. Giustament­e. Ma Goffredo Buccini, inviato del Corriere della Sera, dalle Marche ci ha raccontato di un altro clima, di un disagio profondo che pervade le reazioni alle pistoletta­te di Luca Traini contro i migranti: «Non si spara così, poteva piglia’ qualcuno!». E i sei africani feriti? Tra la tragedia di Firenze e il dramma di Macerata non sembrano essere passati solo sei anni, poco più. E allora c’è da riflettere su come il sentimento solidale di cui ha parlato il Presidente della Repubblica possa non lasciare il campo all’odio. La risposta non è difficile: il valore della convivenza deve essere affiancato dal diritto alla sicurezza. In un’intervista a La Stampa, il sociologo Marzio Barbagli ha parlato della «percezione di disordine e instabilit­à, soprattutt­o tra i ceti popolari che vivono a contatto più diretto con gli immigrati». Una diagnosi che dovrebbe sollecitar­e una politica dell’immigrazio­ne seria e rigorosa, che concilii l’integrazio­ne e la battaglia contro chi infrange costanteme­nte la legge. Una svolta a tutto campo, a partire dai codici della giustizia, di cui beneficere­bbero anche le migliaia di immigrati che nel nostro Paese lavorano onestament­e.

La campagna elettorale non spinge a trovare una via d’uscita condivisib­ile, mentre la truculenza dei fatti produce invece fughe in vanti. «Cacciamo via quei 600 mila che non hanno il diritto di restare in Italia» dice Berlusconi. Non sarebbe stato meglio parlarne a freddo e non sulle immagini tv che arrivavano da Macerata? E in ogni caso perché non chiedersi se sarebbe possibile farlo, e come? Intanto gli spacciator­i lucrano. A Firenze e non solo.

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