Cr Firenze, il marchio resta per nove anni Ma il Cda scompare
Il piano taglia-costi di Intesa Sanpaolo, ultimo atto della maxi fusione di dodici istituti
Entro fine anno Banca Cr Firenze sarà definitivamente integrata nella capogruppo Intesa Sanpaolo. Per la cassa di risparmio fondata nel 1829 è l’ultimo atto di un percorso avviato dieci anni fa, come ha spiegato ieri il Ceo del gruppo, Carlo Messina, presentando il nuovo piano d’impresa che contiene le strategie future della banca. Per clienti e dipendenti non cambierà sostanzialmente niente e anche il marchio verrà per il momento mantenuto: sicuramente resterà sulle insegne per i prossimi nove anni, come previsto dall’accordo fatto da Intesa Sanpaolo con la Fondazione Cr Firenze (che del colosso bancario detiene ancora il 2,04%) nel maggio scorso, quando l’ente di via Bufalini vendette le azioni della ex banca conferitaria ancora in suo possesso (il 10,26% del capitale, per un controvalore di oltre 182 milioni di euro). Trascorso questo termine, conterà quanto il marchio è capace di generare valore. A questo proposito, ieri Messina ha spiegato che «saranno i clienti a decidere. Dipenderà se riconoscono il maggior valore del marchio Intesa Sanpaolo rispetto a quello del marchio locale. Se risulterà che c’è invece maggior valore nel marchio locale lo manterremo».
A sparire, con la cancellazione della persona giuridica, saranno il Cda e il Collegio sindacale di Cr Firenze: l’operazione rientra nella strategia di contenimento dei costi perseguita da Intesa Sanpaolo. La stessa sorte riguarda la Cassa di risparmio di Pistoia e della Lucchesia. Le banche che verranno fuse nella capogruppo entro il 2018 (con un possibile slittamento al 2019 di Banca Prossima e Banca Imi) sono complessivamente dodici e l’operazione di integrazione si inserisce in una più ampia revisione del ruolo delle banche dei territori, in parte avviata già con il precedente piano d’impresa.
Le due banche toscane, infatti, già facevano parte di questa divisione che racchiude marchi locali e banche specializzate: da tempo facevano capo alla direzione regionale di Intesa Sanpaolo per le decisioni operative e questa struttura non cambierà. Anche perché l’apporto delle banche territoriali è stato di grande rilevanza per i livelli di redditività raggiunti da Intesa Sanpaolo che con il nuovo piano d’impresa (il cui orizzonte è il 2021) punta a diventare la banca leader in Europa e a generare un utile netto a fine piano pari a 6 miliardi di euro, con una generosa politica di dividendi che promette di far felici i soci, Fondazione Cr Firenze compresa. Quel che cambierà per i clienti, quindi, è da ricercare nelle linee guida illustrate ieri a Milano piuttosto che nella sparizione del Cda della ormai fu banca Cr Firenze: più che la nostalgia per la formella con San Giovanni Battista, conterà la decisione di riorganizzare le filiali chiudendone 1.100 (non si sa ancora quante e quali in Toscana), aumentando dimensioni e orari di apertura nelle piazze principali e sostituen- dole, invece, con presidi più piccoli, come quelli costituiti dalle cosiddette «banche dei tabaccai» acquisite due anni fa, nei luoghi ritenuti meno strategici. Per i dipendenti i cambiamenti arriveranno dal piano che prevede l’uscita volontaria di 9 mila persone, secondo un accordo già annunciato con i sindacati, a fronte di almeno 1.650 assunzioni e dalla strategia di «riconversione» di almeno 5 mila persone che saranno impiegate prevalentemente sulla rete commerciale.
Dall’altra parte, i clienti troveranno in banca figure nuove, come gli esperti di prodotti assicurativi (30 mila dipendenti riceveranno una formazione specifica) ai quali Intesa Sanpaolo affida il proprio obiettivo di diventare leader europeo nei servizi di wealth management. E se gli obiettivi annunciati ieri da Carlo Messina si concretizzeranno tutti (riduzione dei costi, elevata patrimonializzazione, basso rischio senza oneri straordinari per gli azionisti, alta redditività e creazione di valore), almeno in via Bufalini la nostalgia per il caro San Giovanni sparirà in fretta, «medicata» da una generosa politica di dividendi per i soci.