La violenza su una ragazzina
In via Pandolfini il caso di una diciassettenne. Il giudice: «Nessun controllo in quella festa di minorenni» In preda all’alcol, stuprata nel magazzino di un locale: arrestato studente modello
È stata abbordata in un locale del centro di Firenze durante una festa privata di liceali, a settembre. Lei, diciassette anni, ubriaca, non è riuscita a reagire. Lui l’ha presa e l’ha portata nel magazzino del locale, dove l’ha violentata. Ieri il ragazzo, studente universitario di 22 anni, è stato arrestato dalla polizia nella Casa dello Studente dove viveva dopo aver vinto una borsa di studio. Adesso si trova nel carcere di Sollicciano.
Si chiama Ardit Prendi ed è uno studente modello di Economia, ma lei — la sua vittima — non ha mai saputo il suo nome. Da lei si faceva chiamare Marco. È Marco che «mi ha violentato dentro il Dolce Zucchero durante una festa», ha raccontato una studentessa fiorentina di 17 anni alla squadra mobile diretta da Giacinto Profazio. Era il settembre dello scorso. Ieri mattina il ragazzo, 22 anni, è stato arrestato alla Casa dello Studente, dove risiedeva da alcuni mesi perché aveva vinto una borsa.
È una vicenda che si consuma nell’arco di poche ore, «nel corso di una festa privata organizzata dagli studenti di un liceo fiorentino», ricostruisce il gip Anna Liguori. Una festa dove, secondo il giudice, i minorenni «potevano ordinare e consumare bevande alcoliche senza alcun controllo». Anche la studentessa aveva bevuto: nel sangue le hanno trovato un tasso alcolemico di 1,68. Più di tre volte sopra il limite dello «stato di ebbrezza». Lei, quella sera, è in stato confusionale. E Marco ne approfitta. «Lei era impossibilitata ad agire. Così nell’arco di pochi minuti — recita il capo di accusa — dopo aver avvicinato la ragazza» che è seduta su un divanetto del locale, la porta «in uno stanzino, si chiude dentro e la violenta». La stupra, «nonostante i rifiuti della minore che cerca di allontanarlo e urla». Le amiche si accorgono di quel che sta accadendo. «In quei momenti — racconta la vittima — avvertivo che vi erano delle persone fuori della stanza che bussavano alla porta, che poi ho scoperto essere i miei amici. Credo che abbiano bussato per circa tre minuti (...) Il rapporto è durato almeno dieci minuti. Poi si è rivestito, mi ha aperto la porta. I miei amici mi hanno chiesto cosa fosse accaduto mentre lui nel frattempo si dileguava».
Aveva bevuto, spiega. Avvertiva dei capogiri alla testa a causa dell’alcol. «Mi è venuto incontro un giovane, che parlava italiano con accento dell’Est, diceva di chiamarsi Marco e di essere un dipendente del locale nel suo giorno libero. Si è avvicinato — continua la vittima — e mi ha baciato: non ero in grado di reagire. Mi ha trascinato verso una sorta di magazzino, ha aperto la porta con una chiave e mi ha chiuso all’interno». Per il giudice Liguori non ci sono dubbi: il racconto della vittima, che subito va all’ospedale, «è attendibile». La squadra mobile accerta la presenza di Prendi nel locale. «È nelle foto scattate durante la serata. La stessa immagine viene confrontata con le foto del suo profilo Facebook»: ci sono due testimoni che lo riconoscono grazie al neo che ha sulla faccia. «Altre foto lo ritraggono dietro al bancone del bar, il che fa ritenere che lui avesse lavorato o lavorasse, sia pure a nero all’interno del locale», annota il giudice. Vero? Falso? Sta di fatto che quella era una festa privata: lui non doveva trovarsi lì, al Dolce Zucchero.
Alle 1,07 della notte tra il 23 e il 24 settembre le telecamere esterne del locale inquadrano Prendi mentre con un amico «si allontana a passo spedito, senza indossare il giubbotto che aveva all’entrata». L’uscita dello studente di origine albanese sa di fuga: «È talmente frettoloso che non ha portato con sé il capo di vestiario: si tratta di un comportamento che tradisce la consapevolezza di aver fatto qualcosa che non doveva». L’amico «poi ritorna per controllare se la situazione è tranquilla, se è arrivata la polizia», riassume il giudice.
Uno studente modello, Ardit-Marco, ma anche un violento. Emerge dalle intercettazioni: c’è un debito di 700 euro, «soldi guadagnati nelle serate al Dolce Zucchero». È parlando con la madre che lui dice: «Se quello non mi dà i soldi, lo faccio morbido, lo picchio». Poi parlando sempre con la madre le spiega: «L’ho incontrato e mi ha detto che non mi rispondeva al telefono per par paura di essere intercettato. Mi ha chiesto se avevo fatto qualcosa». Il genitore replica: «Tu digli “io sono pulito”... non dire altro». Per il giudice «la madre dell’indagato è a conoscenza dei fatti e ipotizza di essere intercettata».
Scrive il giudice Liguori: «L’indagato, benché incensurato, ha commesso un fatto di estrema gravità: si è abusivamente introdotto in una festa privata ed ha approfittato delle condizioni della vittima minorenne per consumare un rapporto sessuale contro la sua volontà». Non solo: il timore è che questo comportamento «possa ripetersi con altre potenziali vittime. Considerato che l’indagato frequenta i locali, potrebbe nuovamente incontrare questa ragazza, che potrebbe sentirsi intimorita. Del resto l’indagato è ben capace di commettere atti del genere, nonché di passare dalle parole ai fatti».
Adesso il ragazzo è in carcere. Poiché ha vinto una borsa di studio e risiede presso la Casa dello Studente, il giudice ha ritenuto che «questo domicilio sia senza dubbio inidoneo per gli arresti domiciliari». Ed è per questo motivo che la polizia è andato a prenderlo là dove risiedeva e a portarlo a Sollicciano.
La ricostruzione del giudice Nella festa organizzata al Dolce Zucchero di via Pandolfini «i minorenni potevano ordinare e consumare alcol senza controllo»