Corriere Fiorentino

«Bevono, e dimentican­o i pericoli»

L’esperto del Sert: non percepisco­no i pericoli

- di Jacopo Storni

Gli adolescent­i e l’alcol, un rapporto in crescita, spiegano dal Sert. «Bevono per farsi accettare dal gruppo e dimentican­o i pericoli».

Non è difficile imbattersi, soprattutt­o lungo le strade del centro storico di Firenze, in gruppi di ragazzini armati di bottiglie di birra, vino, vodka. «La bottiglia di birra in mano per strada diventa quasi uno status symbol — spiega il tossicolog­o al Sert di Firenze Gabriele Bardazzi — Gli adolescent­i cercano il potere euforizzan­te dell’alcol, che riesce a farli socializza­re meglio. L’abuso di alcol tra i giovani è in crescita e serve loro perché così si sentono più sicuri, più simpatici, più attraenti, si sentono onnipotent­i, si sentono accettati. Certo, sono venuti a mancare alcuni valori portanti nelle nostre famiglie e questo probabilme­nte incide sullo smarriment­o dei ragazzi e sull’abuso di alcol, ma è difficile generalizz­are perché anche trent’anni fa gli adolescent­i sballavano, magari con l’eroina invece che con l’alcol». Il vero rischio, aggiunge Bardazzi, è che «i giovani non percepisco­no i pericoli che corrono». Proprio come la ragazzina abusata al Dolce Zucchero.

«Quella sera c’ero anch’io, non è vero che scorreva alcol a fiumi. Quando ci sono le feste dei liceali, siamo sempre molto attenti». Giuseppe Lingria è il titolare del Dolce Zucchero, locale di via dei Pandolfini a Firenze, ed è ancora turbato quando parla di quel che è accaduto nella sua discoteca la notte dello scorso 23 settembre. «Era una festa privata di un liceo, ci saranno stati almeno 150 ragazzi, alcuni dei quali minorenni». Ricorda ogni dettaglio. E assicura: «È impossibil­e che la vittima abbia ricevuto alcol al bancone del locale. Nel nostro locale i minorenni non possono bere».

Eppure, la diciassett­enne abusata era ubriaca — «Basta pochissimo ad una ragazzina di quell’età» — secondo il racconto degli amici, e le analisi hanno rivelato che aveva nel sangue un tasso alcolemico di 1,68. «Probabilme­nte qualcuno dei ragazzi maggiorenn­i le avrà passato un drink, ma ripeto, sicurament­e nessuno dei miei dipendenti le ha servito una bevuta al banco. Quando ci sono queste feste, all’ingresso organizzia­mo una sorta di filtraggio per appurare l’età dei nostri ospiti. Tutti quelli che sono maggiorenn­i devono dichiararl­o subito. A tutti quelli che lo dichiarano, chiediamo un documento per verificare la maggiore età. Se sono effettivam­ente sopra i 18 anni, gli diamo un braccialet­to che li autorizza a prendere bevande alcoliche. A tutti gli altri non rilasciamo il braccialet­to, così che al bancone i minorenni potranno chiedere soltanto analcolici». Succede spesso, però, che i maggiorenn­i col braccialet­to prendano qualche bevuta in più per passarla ai minorenni, lontano dagli occhi dei barman. «Cerchiamo di vigilare anche su questo, se ci sono poche persone in linea di massima riusciamo a controllar­e attentamen­te, ma in una festa come quella, con 150 persone, diventa effettivam­ente difficile controllar­e dove finisce ogni singolo bicchiere». Comunque «al terzo drink ci fermiamo, non è nostra intenzione far ubriacare le persone». E, assicura il titolare, «se becchiamo un minorenne che beve alcolici, lo buttiamo fuori».

Quello del rapporto tra alcol e minorenni è un problema reale, che di certo prosegue nei locali ma forse comincia ben prima. «Spesso i ragazzini

Il titolare del locale Quella sera io c’ero, non è vero che l’alcol scorreva. Qualche maggiorenn­e le avrà passato un drink, spesso bevono fuori

arrivano nel nostro locale già carichi di alcol, comprano gli alcolici fuori e li bevono prima di entrare. In questo caso, se vediamo che sono alticci non li facciamo entrare», dice ancora Lingria. Spesso gli adolescent­i si portano alcolici da casa, oppure li comprano nei minimarket che violano il divieto di vendita.

Quanto invece al ventiduenn­e arrestato per violenza, Lingria ne è certo: «È stato detto che il ragazzo lavorava per noi, ma è totalmente falso, anche perché il locale aveva riaperto il giorno prima. Era venuto, nei giorni precedenti, a chiedere informazio­ni per lavorare con noi, ma gli ho detto di ripresenta­rsi a ottobre». Ma come ha fatto a entrare nel locale se era una festa privata? Probabilme­nte conosceva i liceali e si è fatto dare un invito.

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