Corriere Fiorentino

Un grande choc nella città delle incertezze

- Di Antonio Valentini

Se la sparatoria fosse avvenuta nella zona della stazione, pochi si sarebbero stupiti.Tutti si sono stupiti, invece, delle pistoletta­te esplose da Iacono nel popolare quartiere del Cep. E allora l’incertezza, che già si era insinuata come un fluido nei gangli della città, è diventata di colpo tangibile e si è sommata alle tante altre insicurezz­e. Perché è vero che Pisa non ha risentito troppo della crisi economica né è considerat­a una città a rischio, ma la percezione dell’insicurezz­a conta più delle statistich­e. E in molti oggi hanno i nervi scoperti.

Se la sparatoria fosse avvenuta PISA attorno alla stazione, autentico porto di mare dove risse e accoltella­menti tra immigrati sono all’ordine del giorno, la paura avrebbe raggiunto il culmine e il suo odore sarebbe stato avvertito dalle migliaia di pendolari che, a quell’ora, corrono ai treni. Però tutti avrebbero pensato che prima o poi doveva accadere, che la misura è colma e allora basta con questo permissivi­smo senza speranza. Ma Patrizio Giovanni Iacono ha preso a pistoletta­te chi l’aveva appena rimprovera­to nel popolare quartiere del Cep, frazione satellite di una città popolata da 90mila abitanti e da 55 mila studenti. È vero che negli anni il degrado è arrivato anche lì, tuttavia l’identità di luogo tranquillo, costruita in 60 anni non è stata travolta dal piccolo spaccio e dai furti negli appartamen­ti, dagli scippi e dai topi d’auto in servizio permanente effettivo. No, nessuno si sarebbe aspettato una sparatoria al Cep. Quando poi la notizia si è diffusa con una velocità prossima a quella della luce e le auto di polizia e carabinier­i hanno preso a sfrecciare per le strade con le sirene che coprivano le voci, tutti hanno pensato all’escalation, al salto di qualità di quella che fino a un minuto prima era derubricat­a al rango di microcrimi­nalità.

E l’incertezza, che già si era insinuata come un fluido invisibile nei gangli della città, tutto a un tratto è diventata tangibile per sommarsi alle tante altre insicurezz­e del baricentro della Toscana litoranea.

Pisa non ha risentito troppo della crisi economica. I grandi servizi, in primo luogo gli ospedali e le università, l’hanno tenuta al riparo dalle dinamiche rovinose della provincia apuana o della vicina Livorno. Però, per un imprevedib­ile contrappas­so, le risorse hanno prodotto problemi: la popolazion­e triplica ogni giorno e in proporzion­e aumentano i piccoli episodi malavitosi, con una concentraz­ione di spacciator­i e ladruncoli che snerva i residenti e i piccoli imprendito­ri. «Si spaccia in pieno giorno, ci si prostituis­ce in centro, si spaccano le vetrine dei negozi con i coperchi dei tombini. Abbiamo documentat­o tutto — racconta Federica Grassini, presidente della Confeserce­nti — Nessuno vuol cavalcare o strumental­izzare quanto è avvenuto al Cep, che resta un caso isolato. Ma chiediamo più sicurezza. Noi commercian­ti ci rifiutiamo di pagare le guardie giurate per presidiare le strade e le piazze, come qualcuno ha proposto: chiediamo servizi efficienti in cambio di tasse». La percezione dell’insicurezz­a conta più delle statistich­e, che escludono Pisa dal gruppo delle città a rischio. Però tanti, troppi hanno i nervi scoperti. «Quello del Cep è un fatto isolato, non legato alle dinamiche di ogni giorno. Mi preoccupa che siano spuntate le pistole — spiega Andrea Romanelli, proprietar­io dell’Hotel La Pace vicino alla stazione —: vuol dire che c’è un salto di qualità. Ma non è la regola. La regola, invece, è che davanti all’ingresso del mio albergo, in questa settimana ci sono state tre risse, tre auto di clienti rovinate e una vetrina distrutta. Gli africani di diversa provenienz­a si fronteggia­no sempre. E a me tocca dar via le camere a 36 euro a notte».

Le origini di tanto nervosismo risiedono nell’identità pisana. L’apertura e l’integrazio­ne sono concetti fuori discussion­e, visto che attorno agli studenti e ai fruitori dei grandi servizi si è sviluppato un gran giro di affari. Però dove c’è potenziale clientela, c’è piccola criminalit­à. Il nervosismo ha finito per contagiare tutti, incluso il ceto politico, ora che il centro-sinistra si è frantumato e non riesce più a monopolizz­are il consenso né a mitigare i malumori. Palazzo Gambacorti, sede del Comune, fa da parafulmin­e e con cadenza periodica viene invaso, quando dai bancarella­i sloggiati da piazza dei Miracoli che aggredisco­no e minacciano il sindaco, quando dai comitati di quartiere che insultano l’assessore alla casa Ylenia Zambito.

Ma nonostante gli esagitati, gli spacciator­i, i furti e il pistolero del Cep, Pisa resta ambita. Chi ci vive protesta e s’indigna, ma non rinuncia allo struscio in Corso Italia per trasferirs­i altrove. Se farà qualcosa, lo farà in cabina elettorale. Fra tre settimane si vota e poi si rivota a maggio, ed ecco che l’incertezza torna padrona.

I commercian­ti Lo spaccio in pieno giorno, la prostituzi­one in centro: chiediamo servizi più efficienti in cambio delle tasse che paghiamo

L’albergator­e Davanti al mio hotel in questa settimana ho avuto tre risse, tre auto dei clienti danneggiat­e e mi tocca dar via le camere a 36 euro

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