E della pista resta la macchia (tra sterrati e trabocchetti)
Vernice rossa stinta, niente segnaletica e tanti ostacoli
In teoria sarebbero sette chilometri di pista ciclabile tutta d’un fiato. Un’autostrada per le due ruote che parte da ponte Santa Trinita e, attraverso i viali di circonvallazione, arriva fino al lungarno della Zecca Vecchia. Ma tra interruzioni, strettoie, tratti cancellati, cartelli inesistenti, somiglia a una grande corsa a ostacoli. Perché spesso, dove la pista ciclabile c’è, è come se non ci fosse.
La corsia per i ciclisti, con tanto di cordolo, comincia in lungarno Corsini. Tutto bene fino al ponte alla Carraia, dove si sale sul marciapiede stretto sul lato Arno e si finisce per prendersi gli insulti di decine di pedoni: i disegni per terra che autorizzano il passaggio in bici sono cancellati, resta solo qualche macchia rossa qua e là a testimoniare la pista che fu. Dopo il ponte Vespucci la ciclabile ricomincia sulla carreggiata, ma poco dopo, al consolato americano, c’è di nuovo da salire sul marciapiede con le chiazze rosse, passando per una strettoia tra due colonnine «antiterrorismo».
In piazzale Vittorio Veneto si arriva finalmente sui viali. E qui, il ciclista che non conosce la strada si perde. Non ci sono indicazioni, e se per attraversare la tramvia si imbocca la lingua d’asfalto sbagliata ci si trova impantanati, bloccati dalle auto del parcheggio. La pista ciclabile, tra scolaresche che la invadono e lampioni piantati in mezzo, comunque ricomincia. E fino a viale Belfiore si viaggia abbastanza bene. Prima del sottopassaggio ferroviario, c’è il megacantiere della tramvia: c’è da fermarsi, attraversare il viale, scendere dalla bici e farsi un bel pezzo a piedi sul marciapiedi opposto (ci sono le porte delle case, stare in sella sarebbe pericoloso). Ma il cantiere è provvisorio e c’è da portare pazienza. La corsia dedicata riparte dal sottopassaggio, dopo un bel gradino davanti alle strisce per le bici. In Fortezza lo spazio è tanto, ma ci sono tratti di sterrato e di fanghiglia, sembra la Roubaix.
Per entrare in viale Spartaco Lavagnini, sull’isola pedonale ecco una strettoia (nuova di zecca) in cui in meno di un metro dovrebbero transitare pedoni e ciclisti in entrambe le direzioni. Anzi no. Perché sul viale ci si accorge che la pista è sull’altro lato, ma non c’era nessun cartello a indicarlo. Così, dopo aver attraversato contromano un parcheggio, tocca prendere il sottopassaggio e arrivare sul lato giusto, quello che dà sul centro. Finalmente la pista è bella, larga, sicura. In piazza della Libertà però si torna sul marciapiedi: c’è una riga gialla che sembrerebbe indicare che lì passano le bici, mentre per i pedoni c’è il loggiato. Ma anche qui la riga è mezza cancellata.
Da viale Matteotti, riparte l’autostrada, fino al lungarno si viaggia bene. Tranne due inconvenienti, una mega pozza su viale Gramsci e l’incrocio, terribile, con via dell’Agnolo: le bici hanno la precedenza, ma le auto che arrivano dal centro si trovano la pista a raso dei palazzi; così, anche gli automobilisti prudenti si devono affacciare dentro la ciclabile per vedere se arriva qualcuno. La pista si interrompe a metà di lungarno della Zecca Vecchia. L’anello non si chiude e nei 1300 metri per tornare a Ponte Santa Trinita, la corsia per i ciclisti non c’è. E non manca chi se la inventa, prendendo contromano lo stretto lungarno delle Grazie.