La vicenda
via delle Masse
Si è spento a Pontassieve Sergio Denti, reduce da almeno tre vite: allievo di Rosai, volontario di guerra, mercante d’arte. Era nato nel 1924 a Prato, da una famiglia povera; sei anni dopo i suoi si trasferirono a Firenze, dove frequentò varie scuole di arti e mestieri e fu scoperto da Rosai, che lo volle con sé nello studio di via San Leonardo.
L’avrebbe avviato alla pittura come altri allievi, da Caponi a Tirinnanzi, se, ispirato dall’amore per il mare e dai sentimenti patriottici assimilati in famiglia e dal suo stesso maestro, Sergio nel 1940 non si fosse arruolato nella Regia Marina falsificando la firma del padre. Denti si fece tutta la lunga «battaglia dei convogli», a bordo della torpediniera Orsa, come più giovane marinaio d’Italia. L’Otto settembre lo sorprese, pluridecorato, in licenza di convalescenza a Firenze. L’ufficiale medico si offrì di prolungargliela e lui si rifiutò: voleva tornare sulla «sua» Orsa. Ma l’Italia era divisa e fu destinato alla Spezia, dove Borghese ricostituiva la X Mas. Sergio non era un fascista fervente: più volte confessò a chi scrive che se il suo foglio di viaggio fosse stato per Taranto avrebbe combattuto per il re. Invece si arruolò nel reparto più a rischio: gli assaltatori che a bordo di barchini esplosivi si scagliavano contro le navi nemiche. In questa veste compì una delle imprese più memorabili della marineria: mise fuori combattimento la torpediniera francese Trombe. Il dopoguerra fu duro: bastonato dagli antifascisti, epurato dalla Marina, Sergio Denti sopravvisse grazie all’amicizia di Bargellini e appunto di Rosai, che l’incoraggiò ad aprire una galleria. Nacque la «Contemporarte», con vetrine disseminate in tutt’Italia e un sistema di promozione, con presentazioni sui settimanali femminili e vendite a rate, tipico del clima del «miracolo». Amico di Giuseppe Ungaretti e Giorgio De Chirico, Walter Chiari e Vianello, Nano Campeggi e Mino Maccari, Denti divenne un imprenditore affermato. Gli nocquero il sodalizio con Lebole e l’adesione alla P2, cui l’iniziò Gino Birindelli: ma per un semplice sottocapo era difficile dire di no a un ammiraglio… Con la chiusura della galleria ebbe termine così anche la terza delle vite di Sergio Denti. Quale delle tre sia stata la più importante, è difficile dirlo, ma un fatto è certo: l’«itala gente dalle molte vita» di carducciana memoria, capace di uscire dalla tragedia della guerra e dalle angustie del dopoguerra, ha avuto in lui uno dei suoi ultimi figli.