Andrea Carandini «L’archeologo deve saper raccontare»
«Ok la riforma Franceschini ma in Italia ancora oggi c’è tanto radicalismo codino»
Un intervento a tema libero — s’intitola «I miei primi ottant’anni! Bilancio di un archeologo» — per un signore come Andrea Carandini accendono mille curiosità: archeologo di chiara fama, già Presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali (si è dimesso durante l’era Bondi per mancanza di fondi) oggi è presidente del Fai. Ha usato bisturi, badili e carriole e poi dietro una scrivania ha provato a disegnare strategie per la valorizzazione di chi come lui riportava alla luce pezzi di storia nelle regioni del nostro Paese. E ora racconterà tutto questo al salone di archeologia e turismo culturale «TourismA», domani alle 14,15, al Palazzo dei Congressi di Firenze.
Professore, lei ha ricoperto vari incarichi ma la sua formazione è quella di un archeologo. Può dirmi perché è così difficile che i siti archeologici italiani vengano raccontati bene e dunque apprezzati? A parte il caso Pompei l’Italia in questo ambito non sembra molto apprezzata...
«Credo che gli archeologi non abbiamo una grande capacità di comunicazione. Il livello generale di chi amministra le collezioni storiche è alto per quanto riguarda tutela e ricerca, non sulla comunicazione. Ma vede sono due mestieri diversi. Per dire un bravo archeologo se scava può essere anche muto. Ma se deve offrire poi i risultati delle sue ricerche al pubblico deve amarlo il pubblico e senza snobismi invogliarlo a visitare quei luoghi. Deve provare piacere nel raccontare, come capita a me».
Tutela e valorizzazione: i due temi su cui si dibatte da tempo ancor di più da quando è in vigore la riforma Franceschini...
«Sì, una riforma che ha molti elementi positivi: ha messo in evidenza il ruolo dello Stato nella valorizzazione, oltre che nella tutela, come prescrive anche la Costituzione. Franceschini, ha fatto bene a unificare le Soprintendenze (storica, archeologica e artistica) cosa che io avevo proposto negli anni Settanta. E ha fatto altrettanto bene a far partire negli uffici del ministero dei settori preposti proprio alla valorizzazione. Anche al Fai ci siano mossi in questa direzione operando una tripartizione degli impegni. C’è chi si occupa di Restauro e Conservazione, chi di Valorizzazione chi di Gestione e Sviluppo. Ed è giusto così, il problema è che l’Italia è piena di radicalisti codini, ce n’è tanti anche nella sinistra, che frenano e guardando al passato. Ma sa cosa le dico?».
No...
«Chiunque vinca le elezioni io mi batterò perché si vada avanti nella direzione tracciata. Le faccio un esempio: si è tanto denigrata la scelta del direttore della Reggia di Caserta di ospitare nella bellissima residenza dei Borbone dei matrimoni. Secondo me i matrimoni vanno fatti a Caserta, magari evitando di usare il salone d’ingresso. Ma vede in questo genere di modalità di valorizzazione siamo giovani. Impareremo a fare le cose per bene e con gusto».
Quindi non è contrario neanche alle sfilate a Palazzo Pitti, come quella di Gucci...
«Non l’ho vista e dunque non ho un’opinione in merito. Ma in linea di principio non sono contrario. Che un’arte moderna e in movimento come la moda incontri quella statica museale mi sembra una cosa corretta».
Senta il Fai, che lei presiede, ha eletto il Castello di Sammezzano come luogo del cuore del 2017 e per questo ha raccolto 54 mila euro da destinare alla sua valorizzazione. Ma il trasferimento dei fondi è stato bloccato in attesa che se ne chiarisca la proprietà e ci sia un interlocutore capace di gestirli. Può darci delle novità?
«Nulla di nuovo. Se non che, anche se siamo stati bloccati dall’incertezza della sua condizione, non molliamo, la nostra erogazione è solo rimandata non revocata».
Un’ultima richiesta. Può consigliare ai lettori qualche sito archeologico toscano poco conosciuto da visitare?
«Premesso che l’Italia è tutta bella e da scoprire e che io consiglierei di non seguire i consigli di nessuno, ma di recuperare il gusto del vagabondaggio certo che qualunque territorio offra luoghi straordinari, un mio luogo del cuore c’è. È il sito archeologico di Ansedonia. Di bellezza notevolissima ospita parte delle mura della vecchia colonia romana del 273 a.C all’interno di una natura altrettanto bella. Inoltre nel retroterra ci sono ancora i reperti delle ville di signori tardo repubblicani. Gli scavi che hanno portato alla scoperta di una queste, la cosiddetta Villa Settefinestre, incastonata in un paesaggio esemplare, li ho condotti io».
Il caso Sammezzano È luogo del cuore del Fai, ma l’incertezza ha bloccato tutto.
Noi però non molliamo