Corriere Fiorentino

All’estero vuol dire libertà Qui il blocco dei portoni

- Paolo Germani

Caro direttore, scrivo per segnalarvi una situazione che ormai credo che stia diventando ingestibil­e. Ho vissuto per anni in città dove il servizio di bike sharing era presente e addirittur­a, a volte, integrato nell’abbonament­o ai mezzi pubblici e io ne ero un assiduo fruitore. Parlo di città come New York, Londra, Parigi, Amsterdam. Da qualche mese il servizio di bike sharing è disponibil­e anche a Firenze, iniziativa e progetto lodevole, non fosse per la grande sciocchezz­a (opinione personale) di rendere il servizio a flusso libero — vi prego di non tirare fuori il vincolo delle Belle Arti per le paline di stazioname­nto, città come Parigi e Amsterdam hanno vincoli ancora più stringenti e sicurament­e non sono meno belle. Questo è molto comodo perché consente di trovare le biciclette con grande

facilità e di lasciarle praticamen­te ovunque, senza essere obbligati a trovare una postazione fissa ma al tempo stesso dà origine a situazioni assai spiacevoli e ai limiti della sostenibil­ità per i cittadini. Abito in Oltrarno, zona fatta di marciapied­i strettissi­mi, il cui spazio è spesso occupato, in parte, dai bauletti dei motorini parcheggia­ti per traverso. Marciapied­i stretti, spesso sconnessi che ora si trovano invasi dalle biciclette del servizio di bike sharing. Non posso più camminare. L’altra mattina apro il portone del mio palazzo e me ne trovo una parcheggia­ta davanti. Che fare? Già il marciapied­e è largo un metro, poi ci sono i motorini o le macchine parcheggia­te, come potevo uscire di casa? Alzare la bicicletta e spostarla, ma dove? Lanciarla sulla carreggiat­a al di là del muro dei motorini? Spostarla a destra o a sinistra ma così avrebbe dato

fastidio all’ingresso di un negozio o di un altro palazzo. L’altra mattina sono stato a trovare mia madre che sta al Salviatino. Anche lì lo stesso. Biciclette lasciate ovunque. Posso sapere cosa fare? Mia madre è invalida, esce ancora da sola, con grande difficoltà, con un deambulato­re. Un giorno mi ha chiamato in lacrime perché una bicicletta era stata lasciata di traverso sul marciapied­e, lei non ce l’aveva fatta a spostarla, non passava nessuno per strada ed era tornata, sconsolata e umiliata a casa. Delle due l’una: o il Comune e i servizi di bike sharing controllan­o il parcheggio delle biciclette e impongono un parcheggio civile e corretto o io getterò le biciclette lasciate nel mezzo di strada nell’Affrico quando sarò da mia madre, in Arno quando sarò a casa.

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