«Il salario garantito toglie dignità al lavoro»
La vicepresidente di Confindustria: dai partiti molte promesse, da noi un piano
Non si deve cedere alla disillusione. E occorre farsi domande quando si sentono promesse. Antonella Mansi, vice presidente di Confindustria nazionale e manager della Nuova Solmine, azienda chimica di Scarlino, il giorno dopo l’Assise generale di Verona rivendica il ruolo degli imprenditori.
Mansi, da Verona è uscito un documento politico, ma senza indicazioni di voto.
«Perché Confindustria è equidistante dai partiti, ma non distante dalla politica. In questo momento delicato l’Assise si è riunita perché come classe dirigente vogliamo fare la nostra parte».
È per questo che avete prodotto un documento?
«Non è un documento, è una proposta organica per il Paese per i prossimi 5 anni. E la differenza più rilevante rispetto alla campagna elettorale come si è svolta finora è di metodo, il metodo cioè imprenditoriale, o se si vuole di semplice buon senso. Noi indichiamo gli obiettivi, gli strumenti per conseguirli, gli effetti che questi obiettivi hanno sull’economia reale e dove trovare le risorse per centrare gli obiettivi. La proposta è frutto non solo di Verona, ma di un percorso di due mesi di incontri, ascolto, dialogo, in tutta Italia, con una mobilitazione che non si vedeva nell’associazione dal 1995. A Verona sono arrivati con grande entusiasmo 7.000 imprenditori che per un giorno hanno dovuto lasciare la loro fabbrica o azienda, cosa mai semplice. Ed ho respirato anche molto senso di responsabilità, che ha portato appunto a questa differenza di metodo».
La campagna elettorale fin qui non le è piaciuta...
«Le promesse devono essere mantenute e va detto dove si trovano le risorse per mantenerle; per questo la campagna elettorale in corso non mi piace. Si inseguono logiche di consenso che fanno a cazzotti con l’esigenza dell’Italia di superare definitivamente una fase dura. Mi auguro che l’elettorato si faccia le domande giuste, quando ascolta le promesse».
Il presidente Boccia ha detto che di certo sa per chi non voterà: per chi vuole abolire le riforme, per chi dice solo no. E lei per chi voterà?
«Non credo interessi a molti il mio voto... Ma certo per garantire il nostro futuro non si può tornare indietro, in una eterna tela di Penelope, smontando quello che funziona. Noi industriali guardiamo orgogliosamente avanti, senza fare come in altri tempi la lista delle lamentele. Uso una frase forte, ma giusta, di Boccia per sintetizzare: chi è contro l’industria è contro l’Italia».
E chi vuole uscire dall’euro, chi vuole i dazi?
«Per i prossimi 5 anni occorrono interventi per il lavoro, la crescita, per ridurre il debito pubblico, una zavorra sul futuro. E serve l’Europa, con un impegno italiano non solo per la flessibilità ma per una Europa più integrata».
Perché non sono stati invitati esponenti politici?
«Le Assise sono sempre momenti di confronto e dialogo interno. E l’assenza di politici ci ha permesso di focalizzare quelle che sono le priorità secondo il mondo produttivo, senza far entrare la campagna elettorale all’interno del dibattito. Tutti siamo convinti che sia stata la scelta giusta per un confronto senza condizionamenti, da cui è emersa l’identità del sistema imprenditoriale ed industriale».
C’è una scollamento tra base e vertici di Confindustria, come sostiene qualcuno?
«Il contrario. Si è rafforzato il senso di appartenenza e di rappresentanza, si è ritrovato il rapporto tra base e rappresentanza. Questo non è un punto di arrivo, ma di ripartenza. E a chi parla di crisi della rappresentanza dico che ha qualche ragione ma anche molti torti. Oggi più che mai sono importanti i corpi intermedi che fanno da collante sociale».
Che contributo al dibattito è arrivato dalla Toscana?
«Anche in Toscana ci sono state le assemblee di pre assise e il contributo della nostra regione ha aiutato a costruire il testo, in consonanza con le posizioni che sono state espresse poi nella proposta complessiva».
Lei ha più volte denunciato il clima anti industria nel Paese: nell’ultima legislatura le cose sono cambiate?
«Che le cose siano diverse lo dicono le risorse messe dai governi a favore delle imprese, 40 miliardi di euro. Segno di una maggiore attenzione alle imprese non come categoria ma come motore della crescita, di ricchezza e lavoro. E a proposito del lavoro mi faccia di dire una cosa...»
Cosa?
«Come cittadina e imprenditrice sono sgomenta quanto sento forze politiche parlare di salario garantito se sto a casa: è una cosa che toglie dignità al lavoro. Tutti siamo consapevoli che serve attenzione verso le persone e le famiglie in difficoltà, ma questa non è la soluzione».
La Toscana è finalmente fuori dalla crisi?
«Come l’Italia, la Toscana è in ripresa, lo dicono i numeri che finalmente non sono zero virgola, da prefisso telefonico, ma siamo ancora lontani da ciò che sarebbe necessario. Non a caso nella nostra proposta parliamo di almeno il 2% di crescita annua nel prossimo quinquennio».
Ed il sistema bancario è uscito dalle difficoltà?
«La situazione è ancora delicata, nonostante siamo arrivate iniziative e strumenti per superare le crisi, ed anche per questo serve una vera crescita. Il sistema bancario e quello economico ed imprenditoriale sono in osmosi, da qui sono nate alcune criticità, e se hanno problemi le aziende li hanno anche le banche. Viceversa se si torna a correre, anche le banche lo faranno».
La proposta di Confindustria adesso sarà presentata ai partiti.
«Certo, ed ancora di più la presenteremo con forza al futuro governo. Invieremo il testo alle forze politiche e so che molti colleghi e molte associazioni territoriali, anche in Toscana, hanno messo in cantiere confronti con i partiti. Avremo adesso uno strumento in più per un dialogo efficace. Qualcosa può ovviamente non piacere nella nostra piattaforma ma noi vogliamo risposte di merito. È il merito che ci interessa, non le ideologie. Noi, mi piace dire, siamo il partito del Paese. E se chiediamo infrastrutture, ad esempio, non è per ideologia ma perché, oltre ad essere importanti per l’economia e la competitività, permettono di collegare periferie e centri, di rendere più inclusivo lo sviluppo».
Teme l’instabilità dopo il 4 marzo? E i populismi?
«Mi auguro che non ci siano turbolenze, ma non posso escludere l’instabilità. Il mio auspicio è che non sia così, non si può mettere a rischio ripresa e fiducia, e confido nel senso di responsabilità e nella saggezza del Presidente della Repubblica. I populismi sono solo una stagione, anche se dilagano ovunque. Serve invece responsabilità, un progetto che faccia sentire le persone parte di esso. Va superata ogni disillusione».
Sottoporremo la nostra proposta ai partiti e poi al futuro governo
Non si può tornare di nuovo indietro: chi è contro l’industria è contro il Paese