E ALLA FINE FU LA SCATOLETTA AD APRIRE I CINQUESTELLE
Luigi Di Maio ha deciso di chiedere un risarcimento ai suoi candidati massoni per «danno d’immagine». Tra questi anche Piero Landi, iscritto alla loggia Francesco Burlamacchi di Lucca, entrato «in sonno» il 5 febbraio scorso dopo aver scritto ben due post nei quali spiegava di essersi candidato con il M5S per portare avanti una lotta «alle mafie e alla massoneria». Ora, i massoni, attivi e «quotizzanti» come si dice in gergo, o in sonno, dovrebbero essere i primi a sapere che il M5S non li vuole come candidati e li accomuna impropriamente a razzisti e omofobi: «Chi urla odio razziale, chi usa espressioni omofobe, chi è iscritto alla massoneria, chi nella propria vita ha portato azioni indecenti non si può candidare col M5S», dice Di Maio, avviando una caccia alle streghe già nota in Italia ai tempi del fascismo. Si è però scoperto che tra gli aspiranti parlamentari ce ne sono almeno tre, a Lucca, Castellamare di Stabia e Reggio Calabria, più un quarto, forse, a Ravenna. Il che la dice lunga sul «filtro qualità» del M5S ma anche sull’opportunismo di certe candidature e di certi candidati, che evidentemente usano il M5S come un taxi. La reazione del partito di Grillo Casaleggio è stata immediata: i candidati, tutti all’uninominale, sono stati espulsi. Si tratta di una mossa soprattutto mediatica, che nei fatti serve a poco: il nome dei cacciati resterà sulla scheda elettorale, visto che non possono essere sostituiti, come ha spiegato ieri il costituzionalista Stefano Ceccanti al Foglio: «È pacificamente evidente che i candidati si possono ritirare solo prima che la lista venga accettata dall’ufficio elettorale circoscrizionale. Dopo le porte sono chiuse. Adesso non è più possibile sostituire nessun candidato». E se saranno eletti, la via delle eventuali dimissioni è lunga, perché le dimissioni vanno presentate, calendarizzate dall’aula e il Parlamento le deve votare. Il caso del senatore ex M5S Giuseppe Vacciano è emblematico: ha provato varie volte a lasciare il suo scranno, ma le sue dimissioni sono sempre state respinte. Quella del M5S è dunque solo tattica da campagna elettorale. Il discorso vale anche per i candidati coinvolti nel cosiddetto caso «Rimborsopoli», come Andrea Cecconi o Carlo Martelli, candidati in collegi sufficientemente sicuri al proporzionale. E anche per chi «si autosospende», come la candidata Giulia Sarti. Non significa niente, aggiunge Ceccanti. «Se proclamata e se si considera autosospesa dal M5S dovrà iscriversi al Misto o sarà iscritta d’ufficio al Misto. Le dimissioni saranno effettive solo se e quando approvate a scrutinio segreto. Di un gruppo bisogna far parte per forza, se non si sceglie si finisce al Misto». Poi vogliamo proprio vedere se dopo l’elezione i parlamentari presenteranno le dimissioni o se resteranno comodamente seduti nel Misto. Di Maio dice che i suoi candidati sono «super competenti» ma viene da chiedersi come abbia fatto la selezione degli aspiranti parlamentari, possibile futura classe dirigente italiana. Non esattamente dei passanti. Di Maio rivendica anche molti cambiamenti nel M5S rispetto agli esordi. In effetti il partito di Grillo e Casaleggio è cambiato, non necessariamente in meglio. Cinque anni fa, il M5s sbarcava in Parlamento dotato di una dottrina inflessibile, tra divieti di andare in tv così feroci da costare espulsioni immediate (Marino Mastrangeli fu buttato fuori per aver partecipato al programma di Barbara D’Urso) e le ombre dell’avviso di garanzia sufficienti a cacciare i malcapitati. A nessuno veniva in mente di toccare il limite dei due mandati, ferrea regola del Movimento contro il professionismo della politica, poi sono arrivati i distinguo e i tentativi di cambiare le norme. Nel 2013 non c’era ancora Livorno a guida M5S con Nogarin, non c’erano neanche Torino con la Appendino e Roma con la Raggi. Poi sono arrivati i primi avvisi di garanzia e il M5S ha dovuto scoprire le virtù del garantismo. Cinque anni dopo insomma è tutto cambiato, il movimento è diventato un partito, voleva aprire il parlamento come una scatoletta di tonno e alla fine è stata la scatoletta ad aprire il M5S. I parlamentari hanno imparato ad apprezzare le squisitezze della Casta e hanno imparato che l’immagine nella società dell’avanspettacolo è tutto. Per questo sono andati da Dario Tamburrano, l’europarlamentare-odontoiatra, per sbiancarsi gli incisivi. Sognavano la rivoluzione, sono finiti dall’igienista dentale. Si saranno fatti rimborsare pure quello?
La polemica sui candidati massoni, quella sui rimborsi promessi e non versati: 5 anni fa prometteva rivoluzioni, adesso il Movimento è diventato un partito