LUNGO IL GIARDINO DI UN GIGANTE (NATO IN RITARDO)
Pier Antonio Micheli è uno di quei giganti fiorentini che, per la ventura di aver agito a cavallo tra ‘600 e ‘700 invece che nel Rinascimento, è ricordato assai meno dei suoi pari dei secoli belli. Anche per questo, quando insegnavo all’università americana, portavo sempre gli studenti al «suo» Giardino dei Semplici, di cui fu il Prefetto più importante: basterebbe il suo essere fondatore della micologia per assegnargli un posto di primo piano nella storia della botanica e della scienza in generale, ma il suo lavoro andò ben oltre i funghi, portando alla classificazione di quasi ventimila piante, descritte nel Nova plantarum genera. Anche la sua storia è esemplare: dotato per le scienze, ma di famiglia povera, era finito a fare il libraio per sostenere i suoi studi; quando Cosimo III lo venne a sapere, stupito dal genio di quel ragazzo autodidatta, gli finanziò viaggi in Europa e in Africa onde raccogliere piante da studiare e trapiantare negli Orti fiorentini, di cui il Granduca intendeva rinnovare i fasti. Fu l’inizio di una carriera straordinaria, che lo portò a insegnare a Pisa, a dirigere il Giardino dei Semplici e a fondare la Società Botanica Italiana, continuando a studiare fino alla morte, quando gli furono riservati funerali di proporzioni mai viste: il Granduca sentiva che il genio fiorentino cominciava a essere visto come qualcosa di appartenente al passato, e tanto più volle che fosse celebrato.
Se però passavo da qui non era solo per il toponimo, ma anche perché via Micheli, oggi come lui un po’ obliata, è anzitutto una bella strada: lo è perché là dove si apre da via Capponi, con le mura paglierine del Giardino su un lato e la biblioteca di Architettura sull’altro, vi si forma una improvvisa oasi di pace, e il silenzio e il clima sospeso fanno dimenticare la vicinanza tanto dei viali quanto del centro con le sue orde turistiche. Vi si respira un’aria pacifica, incorrotta, eppure squisitamente fiorentina, il giusto modo per prepararsi alla visita dei giardini, sebbene poi gli studenti, i loro «woah», li riservassero alla chiesetta di San Giorgio: poiché, ahinoi, l’emozione del forestiero a Firenze è sempre proporzionale al tasso di medievalità percepita, con buona pace del Micheli e del suo Giardino.