Corriere Fiorentino

IL RIGORE CHE SERVE (OLTRE LE PAROLE)

- Di Paolo Ermini

Che le mafie fossero penetrate anche in Toscana si sapeva, e non da ieri. Finita la stagione dei morti per strada e dei cadaveri impilati nel cemento dei viadotti, le organizzaz­ioni criminali che hanno tenuto in scacco il Mezzogiorn­o si sono trasformat­e in efficienti società di spaccio e finanza internazio­nale.

E hanno fatalmente risalito la penisola in cerca di mercati economicam­ente più confacenti alle nuove attività approfitta­ndo della crisi. Una specialità, se così si può dire, propria della ’ndrangheta, come dimostra l’inchiesta aperta in Toscana. In questo caso non sono emerse attività (generalmen­te marginali) gestite in proprio da elementi della malavita approdati da questa parti. La svolta è clamorosa sia per la raffinatez­za del meccanismo con il quale il denaro sporco (cioè provenient­e da attività illecite) veniva riciclato (e cioè investito in operazioni lecite), con tanto di interessi pagati dalla comunità, sia — soprattutt­o — per il coinvolgim­ento consapevol­e di alcuni imprendito­ri locali del comprensor­io del cuoio e della pelle. Quella zona centrale della Toscana che ha al suo centro a Santa Croce sull’Arno e Fucecchio e che, finora, si era semmai distinta per l’operosità della sua imprendito­ria. Un’imprendito­ria che dopo gli ingenti interventi contro l’inquinamen­to provocato dalla vecchia concia sembrava avere aperto un capitolo del tutto nuovo della sua storia. Una fase diversa, con industrial­i più maturi e consapevol­i anche del ruolo sociale delle loro imprese. Ora si è aperto uno scenario imprevedib­ile. E inquietant­e. Davanti al quale serve però molta lucidità. Innanzitut­to per evitare disastrose generalizz­azioni. Se quattro, cinque conciatori hanno preso una scorciatoi­a proibita questo non è un motivo sufficient­e per sospettare di tutti gli altri. Invece basta e avanza per chiedere a 360 gradi — a magistratu­ra, amministra­tori, associazio­ni di categoria — il massimo sforzo per fare pulizia e garantire chi produce rispettand­o la legalità. Non è con le belle parole né con le demonizzaz­ioni che si vincerà una battaglia assai insidiosa. C’è bisogno di rigore. La cultura di questa regione è distante anni luce dalla mentalità delle mafie, ma è un motivo in più per non sottovalut­are la loro escalation, nascondend­ola dietro la bellezza del territorio e lo spessore civile dei valori che la Toscana esprime. La realtà è peggiorata. Ne va tenuto conto.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy