IL RIGORE CHE SERVE (OLTRE LE PAROLE)
Che le mafie fossero penetrate anche in Toscana si sapeva, e non da ieri. Finita la stagione dei morti per strada e dei cadaveri impilati nel cemento dei viadotti, le organizzazioni criminali che hanno tenuto in scacco il Mezzogiorno si sono trasformate in efficienti società di spaccio e finanza internazionale.
E hanno fatalmente risalito la penisola in cerca di mercati economicamente più confacenti alle nuove attività approfittando della crisi. Una specialità, se così si può dire, propria della ’ndrangheta, come dimostra l’inchiesta aperta in Toscana. In questo caso non sono emerse attività (generalmente marginali) gestite in proprio da elementi della malavita approdati da questa parti. La svolta è clamorosa sia per la raffinatezza del meccanismo con il quale il denaro sporco (cioè proveniente da attività illecite) veniva riciclato (e cioè investito in operazioni lecite), con tanto di interessi pagati dalla comunità, sia — soprattutto — per il coinvolgimento consapevole di alcuni imprenditori locali del comprensorio del cuoio e della pelle. Quella zona centrale della Toscana che ha al suo centro a Santa Croce sull’Arno e Fucecchio e che, finora, si era semmai distinta per l’operosità della sua imprenditoria. Un’imprenditoria che dopo gli ingenti interventi contro l’inquinamento provocato dalla vecchia concia sembrava avere aperto un capitolo del tutto nuovo della sua storia. Una fase diversa, con industriali più maturi e consapevoli anche del ruolo sociale delle loro imprese. Ora si è aperto uno scenario imprevedibile. E inquietante. Davanti al quale serve però molta lucidità. Innanzitutto per evitare disastrose generalizzazioni. Se quattro, cinque conciatori hanno preso una scorciatoia proibita questo non è un motivo sufficiente per sospettare di tutti gli altri. Invece basta e avanza per chiedere a 360 gradi — a magistratura, amministratori, associazioni di categoria — il massimo sforzo per fare pulizia e garantire chi produce rispettando la legalità. Non è con le belle parole né con le demonizzazioni che si vincerà una battaglia assai insidiosa. C’è bisogno di rigore. La cultura di questa regione è distante anni luce dalla mentalità delle mafie, ma è un motivo in più per non sottovalutare la loro escalation, nascondendola dietro la bellezza del territorio e lo spessore civile dei valori che la Toscana esprime. La realtà è peggiorata. Ne va tenuto conto.