Corriere Fiorentino

UNA VIA TUTTA MARMI (CHE HA PERSO LO SBOCCO VERSO L’OVUNQUE)

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Santa Maria Novella, un nome che vale due capolavori, sebbene in una città con la testa sempre volta all’indietro salterà alla mente solo il primo — la Basilica — e solo dopo un po’ di tempo il secondo, la Stazione, quel pezzo unico del razionalis­mo italiano che a fine anni ’20, non ancora contaminat­o dalla magniloque­nza littoriale, trovava qui sintesi suprema. Oggi il capolavoro del Michelucci e del suo Gruppo Toscano è tagliato in due da gate degni di una Orio al Serio, di una Ciampino, e si impone allora una riflession­e. Nostalgica, certo, sebbene non mi sfuggano le ragioni dei tornellist­i: con questi aggeggi, tutti pagheranno il biglietto, e punto. Anche questo, se vogliamo, è razionalis­mo, e a poco varrà, allora, ricordare che di opzioni ce ne sarebbero state: che in Finlandia, per dirne una, si vedono certi piccoli tornelli, quasi interament­e in plexiglas, posti al singolo binario… Ormai ci sono questi, e in attesa di un Magnifico che, tra cent’anni o cinquecent­o, li tolga di mezzo in nome della bellezza, tocca accettare che una certa idea di «SMN» è oggi perduta. Un’idea che può essere inquadrata pensando la stazione non come tale ma come quel brano di strada — strada, sì — lastricata di marmo, e bella quanto le nostre strade più belle, che unisce piazza della Stazione con via Alamanni. Tale funzione non è venuta meno: ancora oggi la si può percorrere — chi lo ha fatto in bici ne conoscerà la dolcezza, figlia dell’attrito minimo — ma un principio è decaduto: quello che ne faceva una strada pronta a deviare verso l’Ovunque, ogni binario una via mutevole a seconda dell’ora, capace di portarti a Pontassiev­e come a Vienna. Chissà, forse è qualcosa di pienamente comprensib­ile solo all’ultima generazion­e che la sua prima Europa l’ha vista con l’Interrail e non coi voli Ryanair, ma oggi che la zona binari è vincolata al possesso del biglietto quella poesia è perduta. Ne guadagna, di converso, la lettura di quel che rimane di pubblico della stazione come un tratto di strada: una veridica via fiorentina che si potrebbe immaginare intitolata proprio al Michelucci, al posto di quella, anonima, dietro Porta al Prato, in cui è tuttavia opportuno sfrecciare il più velocement­e possibile, dato che vagheggiar­e un viaggio non programmat­o è qualcosa di ormai precluso.

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