TRE PUNTI E TANTA PAZIENZA
La vittoria in casa mancava da quasi tre mesi alla Fiorentina ed è questa l’unica cosa buona tra le tante di dubbio gusto che la disturbata partita — vento, freddo e calcio impoverito — ci ha mostrato, per non dire imposto. A forza di sorbire la mediocrità ci si abitua alla tolleranza e dunque in noi si insinua un latente buonismo che smorza la critica e ci rende pazienti, altrimenti qualche interrogativo ce lo potremmo anche porre. Uno per tutti: perché la Fiorentina ha continuato a giocare con due centravanti (Falcinelli e Simeone) di pregevole inutilità quando era tutta dietro a difendere il gol di Biraghi, giovane terzino caloroso in grado di indossare, alla faccia del vento siberiano, una maglia a maniche corte? Ma lasciamo perdere, anzi lasciamo vincere com’è successo ieri quando una partita tutta in discesa è diventata tutta in salita, grazie a un paio di cambi nel Chievo e al tutto invariato nella Fiorentina fino alla sostituzione di Cristoforo con Dabo, di cui si ricorda un impressionante liscio in difesa. Gli infortuni finali di Falcinelli e Chiesa hanno mosso la panchina, ma soltanto per cause di forza maggiore. Il calcio del nostro campionato mostra in abbondanza il tarlo della mediocrità ed è anche da qui che parte la dose di comprensione che include la pacificazione rassegnata di fronte ai tre punti della vittoriosa partita. Mancava Badelj, dal dimenticato Cristoforo non c’era da aspettarsi molto di più, l’attacco con il doppio centravanti era un lusso da mezzora iniziale e un deficit per il resto della partita, Chiesa è l’unico che cambia marcia, la difesa è spavalda, poi diventa affannosa (a parte Astori), ma sono aspetti che la vittoria li porta via. Purché si abbia coscienza e conoscenza dei propri limiti, evitando di chiedere l’ Europa a chi dovrebbe accontentarsi del centro Italia come posizione di classifica. Adeguiamoci a questo campionato dove le ambizioni, a meno di sorprese, sono limitate e i temuti rischi iniziali sono scomparsi, ma la dimensione della Fiorentina non può essere questo vivacchiare a metà del guado, questo essere senza benessere. A quando un futuro autentico?