Corriere Fiorentino

Premio Bigongiari e la lectio sul dovere dell’impegno

A Palazzo Bastogi la lectio di André Ughetto sul dovere dell’impegno «Si può andare in profondità anche preoccupan­dosi dell’altro e delle turbolenze della Storia»

- di André Ughetto

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Il poeta francese André Ughetto, vincitore del Premio Ceppo Internazio­nale Bigongiari, oggi (ore 16) terrà una lectio (di cui pubblichia­mo una sintesi) a Palazzo Bastogi dal titolo «La poesia sarà civile oppure non sarà» che inizia con l’omaggio al dissidente cinese Premio Nobel per la pace Liu Xiaobo. Oltre al presidente del Consiglio Regionale Eugenio Giani, interverra­nno il presidente e direttore del Premio Paolo Fabrizio Iacuzzi, in dialogo col quale è stata scritta la lectio, e Michela Landi della rivista «Semicerchi­o». Ughetto, «poeta della grazia e del dolore, che sa coniugare Natura e Storia, Realtà e Mito in un una concordanz­a drammatica e fisica insieme», come ha scritto Iacuzzi nella motivazion­e del Premio, domani (ore 18) parlerà della sua opera all’Istituto Francese di Firenze alla presenza della console Isabelle Mallez, mentre la consegna del riconoscim­ento si terrà il 2 marzo (ore 17.30) a Pistoia allo Libreria Lo Spazio di Via dell’Ospizio.

Quando nel 2013 realizzai un montaggio e diressi uno spettacolo a partire dai testi di Liu Xiaobo, avvalendom­i delle traduzioni dell’amico e vicino di casa (in Vaucluse) Guilhem Fabre, sinologo e professore all’Università di Montpellie­r, iniziai mettendo in scena il testo in cui il poeta cinese racconta del suo arresto: «Sono stato privato della libertà in diciannove minuti!», scrive. Poi racconta come fu svegliato l’8 ottobre 1996 da un poliziotto che gli intimava di seguirlo al commissari­ato nel viale Wanshou a Pechino. «È lei che ha scritto questi articoli pubblicati sulla stampa straniera, e l’appello a favore di quel che gli occidental­i chiamano Diritti dell’Uomo?» gli chiese il poliziotto. All’accusa, subito e senza alcun processo, seguì questa condanna: «Per decisione del Comitato di rieducazio­ne mediante il lavoro, organo del governo popolare della città di Pechino», Lei è condannato a tre anni di rieducazio­ne attraverso il lavoro per «diffusione di false notizie» e «turbamento dell’ordine sociale». Poco dopo, Liu Xiaobo fu condannato a undici anni di prigione, e l’annuncio fu fatto il giorno di Natale del 2009. L’8 ottobre 2010, anno in cui gli fu assegnato il premio Nobel per la pace, le autorità cinesi, invece di rallegrars­ene, protestaro­no contro gli occidental­i, colpevoli di intromette­rsi negli affari interni dello Stato. A Stoccolma fu lasciata una poltrona vuota in prima fila a indicare che a Liu Xiaobo era stato impedito d’essere presente per ritirare il premio. Ma cosa si rimprovera al poeta Liu Xiaobo? Ebbene, la sua vena poetica è alimentata dal ricordo della notte del 4 giugno 1989 quando Piazza Tienanmen, dopo essere stata occupata, abitata da numerosi studenti che reclamavan­o riforme democratic­he, fu travolta dai carri armati dell’esercito e ripulita dei suoi molesti occupanti. Nei giorni che seguirono vi furono nu-

merosi arresti, una caccia all’uomo e esecuzioni sommarie. Liu Xiaobo era tornato dagli Stati Uniti, dove insegnava, per raggiunger­e i manifestan­ti e provare a scongiurar­e, con la sua influenza, questo fatale epilogo: Liu Xiaobo prima fu messo agli arresti per sei mesi, poi fu rilasciato. Tuttavia non smise mai, da quel 4 giugno 1989, di rammentare a tutto il mondo l’incubo di quegli eventi che il Partito al potere a Pechino avrebbe voluto cancellare dalla memoria del popolo. Morto per i maltrattam­enti seguiti alla mancanza di cure mediche nel luglio 2017, non seppe mai quale rispetto il suo nome avrebbe suscitato fra quelli che amano la libertà e la poesia.

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La poesia non è comunque sprovvista di un fine, secondo un ampio raggio che va dalla consolazio­ne degli oppressi alla denuncia della tirannia, dalla libera contemplaz­ione delle bellezze di questo mondo ai canti connotati di sofferenza o di disperazio­ne. Far conoscere quel che si è, condivider­e tanto la felicità quanto il dolore di vivere, mi sembra essere una costante in tutte le lingue e in tutte le strade della poesia. Ma può darsi che si debba considerar­e più «nobile» di tutte le altre quella che in Italia – più facilmente che in Francia – si chiama «poesia civile»; ne ho evocato all’inizio un esempio contempora­neo in Asia. Infatti Dante è, per voi come per numerosi poeti europei, il modello originario, quasi assoluto, del poeta «impegnato». In Francia non si finisce di ammirarlo e di tradurlo. Io stesso ne ho tradotto dei sonetti, ma ho soprattutt­o lavorato sul PeXIX trarca (e scritto una pièce teatrale) sul poeta del Canzoniere; apprezzo in particolar­e la canzone 128, «Italia mia», di altissimo tenore patriottic­o al pari dei sonetti contro Avignone, la «Nuova Roma» del XIV secolo, comparata a Babilonia per la sua presunta corruzione dei costumi. Questi sonetti del Petrarca non sono meno incendiari delle invettive del Fiorentino esiliato, nel canto dell’Inferno, contro la corruzione del papato.

*** Quando tradussi, con Philippe Jaccottet, Le mura di Pistoia (Les Ramparts de Pistoia), capii subito che l’ermetismo di Piero Bigongari (e di qualche altro «ermetico» fiorentino, suo amico) era una forma di resistenza al Fascismo: la singolare cifra della parola contro gli stereotipi del linguaggio di massa, la strategia di una dissimulat­a verità nelle pieghe di una poesia a «luce nera. La stesura delle poesie che compongono Les Remparts de Pistoia era ancora impregnata dei ricordi legati alla liberazion­e di Firenze — periodo in cui il poeta non essendosi «presentato alla chiamata alle armi della repubblica fascista, era considerat­o disertore, passibile della pena di morte». Molti altri testi testimonia­no da allora l’impegno del «resistente» che è stato Bigongiari contro altre dittature contempora­nee alla composizio­ne della raccolta: in Grecia (il supplizio dei tre giovani ciprioti in Giorno di pace) e in Ungheria (la condanna a morte di sette membri del gruppo così detto di Miskolc). In questo libro così profondame­nte legato a una poesia agreste e amorosa, gli esempi di «poesia civile» non mancano, e vi restano sottintesi quando non sono apertament­e manifesti.

*** Quando proclamo, nel titolo di questa lectio, che «La poesia sarà “civile” o non sarà», voglio lasciar intendere che è dovere del poeta staccarsi dalla contemplaz­ione del suo «io» per andare incontro, con pari contemplaz­ione, a quanto c’è di meglio o peggio nell’umanità. Bisogna poter tessere un elogio alla bellezza, alla grandezza e alla nobiltà per essere credibili nel denunciare le debolezze, la vigliacche­ria e l’ingiustizi­a. Portiamo fuori di noi le intuizioni che la Poesia, dea correttame­nte invocata, detta al nostro sentimento e alla nostra coscienza. L’opera può andare in profondità accordando­si con l’intimo del poeta anche facendosi «civile», cioè preoccupan­dosi dell’altro, poiché tutti noi siamo ormai abituati alle turbolenze della Storia: spettatori e, spesso anche, vittime. Al giorno d’oggi, in cui la densità delle popolazion­i va di pari passo con quella delle comunicazi­oni, non c’è più nessuna torre d’avorio dove trovar riparo ai mali del secolo. Siamo dunque «impegnati»: è solo così che si riabiliter­à, agli occhi del pubblico che se n’era allontanat­o, ciò che nel titolo di una poesia Victor Hugo chiama la «funzione del poeta».

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 ??  ?? Il poeta, drammaturg­o, saggista, regista e critico letterario André Ughetto, vincitore del 62° Premio Ceppo Internazio­nale Bigongiari. Il Premio è sostenuto da Giorgio Tesi Group
Il poeta, drammaturg­o, saggista, regista e critico letterario André Ughetto, vincitore del 62° Premio Ceppo Internazio­nale Bigongiari. Il Premio è sostenuto da Giorgio Tesi Group
 ??  ?? Dissidente Liu Xiaobo
Dissidente Liu Xiaobo
 ??  ?? Resistente Piero Bigongiari
Resistente Piero Bigongiari
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Modello Dante Alighieri

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