Lesioni gravissime, accuse confermate per le botte al tassista
Un banale diverbio con due giovani clienti e poi la feroce aggressione. Dalla notte del 12 luglio 2017, il tassista Gino Ghirelli, 67 anni, passato da pugile e un pezzo di vita trascorso alla guida di «Parigi 36», è in coma. Continua a combattere anche in un letto d’ospedale. Nei giorni scorsi, la Procura ha notificato a due ragazzi italiani di 23 anni, l’avviso di conclusione indagini con l’accusa di lesioni gravissime. Erano stati loro, dopo aver sentito in tv la notizia del tassista trovato svenuto in casa dopo una presunta rapina ad opera di due clienti, a presentarsi in una caserma dei carabinieri per raccontare la loro verità. Non avevano mai avuto guai con la giustizia, ma ora rischiano il processo. «Mi hanno aggredito, non volevano pagare». Era stato Gino Ghirelli a raccontare la sua disavventura alla centralinista del radiotaxi 4390. Aveva descritto quell’ultima corsa per mettere in guardia i colleghi. Il giorno successivo non aveva risposto alle telefonate della moglie, al mare con i nipoti. Toccò alla figlia, nel pomeriggio, a scoprire il padre. Una ferita sulla tempia sinistra. La corsa in ospedale e l’intervento per bloccare l’emorragia cerebrale. La notizia fece il giro dei telegiornali e i ragazzi si presentarono prima ai carabinieri e poi in questura con l’avvocato Vittorio Sgromo. Raccontarono che quella notte, alle 1.30, salirono sulla Volkswagen Caddy alla Loggia del Porcellino per raggiungere piazza Beccaria. Una volta a destinazione, i due avrebbero voluto pagare con il bancomat, ma il tassista preferì soldi in contanti. Per questo si fecero accompagnare a prelevare allo sportello automatico. Ritornarono nel taxi, e, secondo i ragazzi, da un equivoco nacque un diverbio. In pochi secondi arrivarono alle mani. Pugni e calci colpirono il volto del tassista. Lui cadde, si rialzò e ripartì a bordo della sua vettura. Pugni che, per il pm Paolo Barlucchi, fecero finire Gino Ghirelli in coma.