Corruzione, imprenditori arrestati
Arredi e regali in cambio di favori. Opere Pubbliche sotto accusa
Tre imprenditori sono finiti agli arresti per l’inchiesta sulla corruzione al Provveditorato per le Opere Pubbliche. Il meccanismo della corruzione negli uffici del Provveditorato l’ha raccontato nei dettagli dopo l’arresto il funzionario Marino: «Con i lavori sotto i 40 mila euro si faceva l’affidamento diretto alla ditta, con lavori superiori bisognava invitare in teoria almeno 15 ditte ma il dirigente ne invitava solo 5». Non si parla di grandi cifre elargite ai funzionari. Regali piccoli ma frequenti. Segno, dice il gip, che si era creato un «patto» tra imprenditori e funzionari pubblici.
È arrivata ieri, a un anno e quattro mesi di distanza dai primi arresti, la seconda puntata dell’inchiesta sulla corruzione al Provveditorato alle opere pubbliche di Toscana, Umbria e Marche. Tre imprenditori, con un’ordinanza firmata dal gip Paola Belsito, sono finiti agli arresti. Carcere per Paola Stefani, 43 anni, socia della Heating System srl, domiciliari per il padre Maurizio, 78 anni e per Matteo Michelagnoli, 42 anni, della Tekna edilizia. Interdetti per 8 mesi per altri due imprenditori, Simone Grassi, 54 anni, di Reggello, e Dario Malena, 34 anni, di Arezzo. Otto mesi di misura interdittiva anche per il funzionario del provveditorato, Pietro Marasco. Per tutti l’accusa è quella di corruzione. Il giudice si è poi riservato la decisione a dopo l’interrogatorio per l’altro funzionario del Provveditorato, Francesco Bonanno, 47 anni, coordinatore dal 2012 della sezione operativa Firenze 2, quella che si occupa di lavori nelle carceri, nelle caserme di Guardia di Finanza, carabinieri e agenzia delle Dogane. Quello che emerge, scrive il gip nell’ordinanza, è un quadro «desolante».
Tutto è cominciato il 3 novembre 2016 quando una telecamera nascosta dalla Guardia di Finanza negli uffici del Provveditorato di via de’ Servi riprende il passaggio di una mazzetta di 2.800 euro da un imprenditore a un funzionario dell’ufficio pubblico. In manette, in tempo reale, finiscono l’architetto Stefano Fani, che era presidente dei costruttori edili di Firenze, e il funzionario tecnico Saverio Marino. La settimana scorsa i due hanno patteggiato la pena: 1 anno e 4 mesi Fani, che ha versato anche un indennizzo allo Stato di 36 mila euro, un anno e 5 mesi Marino. Da quel giorno le indagini del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, coordinate dalla pm Christine Von Borries e dal procuratore aggiunto Luca Turco, non si sono fermate. Così Marino è ha confessato tutto quello che accadeva negli uffici di via dei Servi. Tra i lavori urgenti finiti nell’inchiesta ci sono il rifacimento delle facciate dell’edificio che ospita l’Agenzia delle dogane di Livorno, lavori al carcere di San Gimignano, all’ex Opg di Montelupo Fiorentino e in alcuni locali dell’amministrazione penitenziaria fiorentina e all’ufficio dogane di Marina di Carrara. Gli indagati stavano mettendo le mani anche alcuni lavori all’osservatorio astrofisico di Arcetri ma l’arresto di Marino ha bloccato tutto.
L’inchiesta esplosa nel 2016 Fra i cantieri nel mirino dei pm anche quelli all’Agenzia delle dogane di Livorno, al carcere di San Gimignano e all’ex Opg