L’occasione degli azzurri per ridurre le distanze
Anche un deserto finisce, prima o poi. Le elezioni di domenica potrebbero essere in questo senso una tappa importante per il centrodestra e per Forza Italia in particolare, che in Toscana è abituata a perdere — salvo eccezioni limitate nel tempo e nello spazio — pressoché da sempre. Ma stavolta è diverso, «l’aria che respiriamo — dicono i dirigenti azzurri — è frizzante». Perché i risultati delle ultime tre tornate amministrative, con le conquiste di Arezzo, Grosseto, Pistoia, Cascina e Montevarchi, hanno dimostrato che è possibile cambiare il colore anche alle vecchie roccaforti rosse. Perché il centrosinistra che governa la Toscana — Pd e Mdp, cioè un pezzo di Liberi e Uguali — si presenta diviso alle Politiche. E perché, spiega il coordinatore regionale di Forza Italia e candidato Stefano Mugnai, «noi siamo stati bravi ma Renzi è riuscito a fare quello che generazioni di liberali e democristiani toscani hanno inseguito vanamente per settant’anni: battere la macchina da guerra del partitone. Lui l’ha smantellata pensando di mantenere gli stessi voti e invece non sta andando così». Fa riflettere che perfino Silvio Berlusconi, uno che fino a qualche anno fa voleva «detoscanizzare l’Italia», stia tenendo sott’occhio come non mai la Toscana con i sondaggi di Alessandra Ghisleri. E che alcune candidature siano state costruite con cura a Palazzo Grazioli, come quella dell’imprenditore Maurizio Carrara, rampollo della famiglia proprietaria delle omonime cartiere, che sta creando diverse preoccupazioni al Pd in un collegio storicamente blindato come quello di Pistoia. O come quella di Massimo Mallegni, ex sindaco di Pietrasanta condannato per corruzione e poi assolto, divenuto nuovo simbolo della storica battaglia berlusconiana contro il giustizialismo. Il centravanti resta Deborah Bergamini, che da «esiliata» durante l’epoca di Denis Verdini (nel 2013 fu candidata in Emilia) è ora in corsa per la Camera in tre collegi su quattro del proporzionale e in quello dell’uninominale di Massa. Uomini e donne che stanno giocando una sfida nella sfida, quella tutta interna al centrodestra con la Lega. Alle Regionali del 2015 i leghisti presero il 16,1 per cento quasi doppiando gli azzurri, fermi all’8,5 per cento. I paragoni con elezioni diverse sono sempre scivolosi (alle ultime politiche, nel 2013, il Pdl prese il 17,49% e la Lega lo 0,73%), ma non c’è dubbio che se domenica sera Forza Italia avrà ridotto in modo sensibile quello svantaggio potrà dirsi soddisfatta. In caso contrario, sarebbe una sconfitta. Discende anche dall’esigenza di distinguersi dal temibile alleato, nonché dai Cinque Stelle, l’impostazione della campagna, lontana dai toni barricaderi della «Toscana buco nero della democrazia» (Roberto Tortoli, 2003). «Davanti all’Armageddon grillino noi parliamo ad un mondo moderato che è arrabbiato ma continua a votare con la testa», dice Mugnai. Sì, ma se la Lega prenderà un voto in più avrà avuto ragione a scommettere sulla rabbia. «Si contano i voti, ma anche i parlamentari eletti», dice con tono di sfida il coordinatore di Forza Italia. No, De Coubertin non è in lista con gli azzurri.
Se fosse un film: «Il tè nel deserto» di Bernardo Bertolucci