Corriere Fiorentino

L’occasione degli azzurri per ridurre le distanze

- Paolo Ceccarelli

Anche un deserto finisce, prima o poi. Le elezioni di domenica potrebbero essere in questo senso una tappa importante per il centrodest­ra e per Forza Italia in particolar­e, che in Toscana è abituata a perdere — salvo eccezioni limitate nel tempo e nello spazio — pressoché da sempre. Ma stavolta è diverso, «l’aria che respiriamo — dicono i dirigenti azzurri — è frizzante». Perché i risultati delle ultime tre tornate amministra­tive, con le conquiste di Arezzo, Grosseto, Pistoia, Cascina e Montevarch­i, hanno dimostrato che è possibile cambiare il colore anche alle vecchie roccaforti rosse. Perché il centrosini­stra che governa la Toscana — Pd e Mdp, cioè un pezzo di Liberi e Uguali — si presenta diviso alle Politiche. E perché, spiega il coordinato­re regionale di Forza Italia e candidato Stefano Mugnai, «noi siamo stati bravi ma Renzi è riuscito a fare quello che generazion­i di liberali e democristi­ani toscani hanno inseguito vanamente per settant’anni: battere la macchina da guerra del partitone. Lui l’ha smantellat­a pensando di mantenere gli stessi voti e invece non sta andando così». Fa riflettere che perfino Silvio Berlusconi, uno che fino a qualche anno fa voleva «detoscaniz­zare l’Italia», stia tenendo sott’occhio come non mai la Toscana con i sondaggi di Alessandra Ghisleri. E che alcune candidatur­e siano state costruite con cura a Palazzo Grazioli, come quella dell’imprendito­re Maurizio Carrara, rampollo della famiglia proprietar­ia delle omonime cartiere, che sta creando diverse preoccupaz­ioni al Pd in un collegio storicamen­te blindato come quello di Pistoia. O come quella di Massimo Mallegni, ex sindaco di Pietrasant­a condannato per corruzione e poi assolto, divenuto nuovo simbolo della storica battaglia berlusconi­ana contro il giustizial­ismo. Il centravant­i resta Deborah Bergamini, che da «esiliata» durante l’epoca di Denis Verdini (nel 2013 fu candidata in Emilia) è ora in corsa per la Camera in tre collegi su quattro del proporzion­ale e in quello dell’uninominal­e di Massa. Uomini e donne che stanno giocando una sfida nella sfida, quella tutta interna al centrodest­ra con la Lega. Alle Regionali del 2015 i leghisti presero il 16,1 per cento quasi doppiando gli azzurri, fermi all’8,5 per cento. I paragoni con elezioni diverse sono sempre scivolosi (alle ultime politiche, nel 2013, il Pdl prese il 17,49% e la Lega lo 0,73%), ma non c’è dubbio che se domenica sera Forza Italia avrà ridotto in modo sensibile quello svantaggio potrà dirsi soddisfatt­a. In caso contrario, sarebbe una sconfitta. Discende anche dall’esigenza di distinguer­si dal temibile alleato, nonché dai Cinque Stelle, l’impostazio­ne della campagna, lontana dai toni barricader­i della «Toscana buco nero della democrazia» (Roberto Tortoli, 2003). «Davanti all’Armageddon grillino noi parliamo ad un mondo moderato che è arrabbiato ma continua a votare con la testa», dice Mugnai. Sì, ma se la Lega prenderà un voto in più avrà avuto ragione a scommetter­e sulla rabbia. «Si contano i voti, ma anche i parlamenta­ri eletti», dice con tono di sfida il coordinato­re di Forza Italia. No, De Coubertin non è in lista con gli azzurri.

Se fosse un film: «Il tè nel deserto» di Bernardo Bertolucci

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Deborah Bergamini, deputata uscente ricandidat­a
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Stefano Mugnai, coordinato­re regionale e candidato alla Camera
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Massimo Mallegni, candidato al Senato

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