SE IL CITTADINO NON GRADISCE I
MARCHINGEGNI
Alexander Sorgenytzin nel celebre discorso di Harvard a proposito dei regimi totalitari ebbe a dire che nei sistemi liberali basta staccare la spina del microfono per ridurre al silenzio gli oppositori. Fatte le debite differenze, la legge elettorale con la quale ci apprestiamo a votare il 4 marzo, il famigerato Rosatellum bis, sembra fatta apposta per scoraggiare il cittadino-elettore a recarsi alle urne, riducendo al silenzio quella rappresentanza democratica che è il pilastro del nostro sistema politico. Secondo i sondaggi il primo partito sarebbe quello dell’astensione. Approvata in fretta e furia a colpi di voti di fiducia nell’autunno scorso dai maggiori partiti (Pd, Forza Italia, Lega e satelliti) la legge elettorale presenta una serie di incongruenze per le quali politologi e giuristi paventano seri dubbi di costituzionalità.
Dopo la sentenza della Suprema Corte, che nel 2014 dichiarò incostituzionale una parte dell’allora Porcellum si rischia di trovarci punto e a capo. E la sfiducia cresce. I giudici della Consulta definirono «distorsivo» il premio di maggioranza che era previsto dal Porcellum perché «foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione» non imponendo «il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista». Ebbene l’attuale legge, che premia le coalizioni, prevede che i partiti in coalizione che non raggiungano la soglia minima riversino i loro voti sul maggiore partito. Facciamo un esempio. Se la lista di Beatrice Lorenzin non dovesse raggiungere il 3% nel proporzionale, i suoi consensi andrebbero al Pd, maggior partito della coalizione. Tutto regolare? Non solo. Il Rosatellum bis è stato concepito in modo tale che nessuno, tranne sorprese, esca vincitore dalle urne e in particolare i Cinque Stelle. Premesso che una legge elettorale non si fa contro qualcuno, bensì per garantire tutti, il sistema ibrido tra maggioritario uninominale e proporzionale plurinominale complica ancora di più il già deludente quadro. Non potendo esprimere preferenze il cittadino-elettore si troverà obbligato a prendere l’intero pacchetto: ovvero se vota un candidato nella parte maggioritaria il voto va anche alla lista che presenta i candidati, scelti dai partiti, della parte proporzionale. Un bel marchingegno, non c’è che dire! Anche i collegi elettorali ridisegnati per l’occasione assomigliano a un pateracchio. I legami del candidato col territorio sono sempre più labili e il paracadutismo elettorale di big sui cosiddetti collegi sicuri aggrava il quadro. In Toscana sono previsti 14 collegi uninominali maggioritari per la Camera e 7 per il Senato, altri 4 per il proporzionale. In totale noi toscani eleggeremo trentotto deputati e diciotto senatori. Ma secondo quale geografia elettorale? Alcuni esempi: nel collegio senatoriale Toscana 1 sono compresi: Firenze, Prato, Pistoia, Lucca e Massa Carrara, un mix del tutto inedito. Alla Camera, nel Toscana 2 saranno compresi i comuni di Pisa, Pontedera, Poggibonsi, ma anche altri comuni del Senese. Il rapporto tra elettore ed eletto diventa così sempre più evanescente. Concludiamo però con l’astensionismo. Nel referendum del 4 dicembre 2016 l’afflusso alle urne fu massiccio, circa il 66%. Secondo i sondaggi, che vanno presi con le molle, quella del 4 marzo 2018 potrebbe essere invece la tornata elettorale con la minor affluenza di elettori. Addirittura pare che la metà gli under 25 non si muoverà da casa. Perché tanta differenza? Ebbene ,quando il cittadino-elettore è chiamato a decidere in modo diretto e chiaro, come nel referendum del 4 dicembre, va a votare; quando invece i marchingegni elettorali, cui segue l’innalzamento del grado di confusione del termometro politico, prevalgono, il cittadino-elettore è propenso a non partecipare. Appunto. a «Lungarno», Corriere Fiorentino lungarno delle Grazie 22 50122, Firenze Fax 0552482510