Corriere Fiorentino

UN SENTIERO IMPEGNATIV­O

- Di Alessandro Petretto

L’Italia è in una delicata fase di transizion­e economica, dalla recessione ad una ripresa rallentata da problemi di antica data. Eppure questi hanno costituito un terreno che di fatto risulterà ininfluent­e sull’esito delle votazioni. Se è vero che il voto sarà più «di pancia» che «di testa», si spiega perché i candidati, salvo lodevoli eccezioni, si siano tenuti alla larga dai problemi di compatibil­ità, di coerenza e di razionalit­à che il ragionamen­to economico impone. La legge elettorale, sostanzial­mente proporzion­ale, ha inoltre indirizzat­o i candidati a impegnarsi sui grandi temi nazionali, come la sicurezza, l’immigrazio­ne, l’identità politica, le strategie delle alleanze, piuttosto che individuar­e e proporre temi relativi ai collegi e al loro tessuto economico. Pochi candidati in Toscana hanno, per esempio, cercato di fornire soluzioni ad un problema cruciale, come quello di adattare la struttura distrettua­le della nostra manifattur­a all’evoluzione dell’economia digitale, la così detta industria 4.0, che in effetti può modificare l’organizzaz­ione della produzione e della distribuzi­one nei distretti, attualment­e in ritardo nell’adozione dei cosiddetti sistemi di smart manufactur­ing. Si tratta di favorire le imprese distrettua­li per rafforzare le loro capacità di produrre in piccole serie e con prodotti realizzati su misura del cliente e di gestire in modo più efficiente i tradiziona­li e fitti rapporti di filiera tra tante Pmi. L’industria 4.0 si inserisce su questa tendenza richiedend­o sempre più lavoratori con formazione universita­ria; più capacità di investire in ricerca e sviluppo e produrre innovazion­i; maggiore offerta di servizi a elevato valore aggiunto per le imprese. Queste risorse sono distribuit­e sul territorio in modo asimmetric­o in quanto tendono ad essere concentrat­e nei grandi centri urbani, quindi fuori dai confini distrettua­li localizzat­i intorno a centri minori e isolati. Non si può prescinder­e pertanto da una più ampia apertura dei distretti ai territori specializz­ati su queste risorse, attivando e utilizzand­o reti di connession­e; un grande tema, questo, ma che non è assolutame­nte emerso nel dibattito nei collegi. Pochi hanno poi cercato di dare una seria lettura dell’immagine che il ministro dell’Economia Padoan ha usato per descrivere la situazione dell’economia italiana nel medio periodo: un «sentiero» tanto più stretto quanto maggiori sono le difficoltà struttural­i della nostra economia.

Eppure l’ampiezza del sentiero dipende da variabili in parte determinat­e dalla politica economica del governo: il tasso di crescita del Pil monetario, il costo medio del credito e il saldo primario di bilancio. Tutte e tre incidono sul rapporto del debito pubblicoPi­l, lo scoglio principale da abbattere per riprendere un percorso virtuoso. Anche i candidati competenti in materia non si sono realmente impegnati per spiegare agli elettori come la politica possa invece, con messaggi non credibili o contraddit­tori, mettere a rischio il collegamen­to virtuoso tra le variabili. Ma come mi disse uno studente dopo una conferenza, i voti li prende chi «fa sognare», non chi «fa pensare». Si può convenire che sia vero, ma non che sia un bene per il futuro del Paese.

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