Il patto fra locali e il Comune? «Non li obbliga a vigilare»
I gestori dei locali per legge «non hanno l’obbligo giuridico» di impedire il chiasso per strada. «L’autorità pubblica è monopolista esclusivo dell’uso della forza di coercizione in un luogo pubblico». È un brano della sentenza con cui il giudice Giampaolo Boninsegna, nel novembre scorso, ha assolto i titolari di 19 tra pub e bar di via de’ Benci, Borgo dei Greci e piazza Santa Croce. Il giudice non ha dubbi: per i residenti del quartiere era «una situazione di difficile sopportazione incontrollata e incontrollabile». Nelle denunce prima e in aula poi, i cittadini hanno raccontato le notti avvelenate dalla musica ad alto volume, dagli schiamazzi, dalle risse e dal chiacchiericcio fino al mattino. Al risveglio, quasi ogni giorno, l’amara scoperta: gli androni usati come bagni, le telecamere e le auto danneggiate. «Situazione che ha determinato una modificazione delle abitudini di vita dei cittadini », spiega il giudice. «Non è riuscito a sedare gli animi e l’atmosfera» spiega il tribunale, nemmeno la presenza degli steward, introdotti dal patto tra Comune ed esercenti. «Il patto per la notte — spiega il giudice — non può esser configurato come una fonte di obblighi penalmente rilevanti per i proprietari dei locali. Esso è un accordo con cui spontaneamente i gestori assumono l’impegno di dotarsi di personale dedicato a vigilare, ma privo di sanzione». In altre parole, è «una mera dichiarazione di intenti che impegna le parti ad adottare contegni che il buon senso e la normativa impongono già di per sé: invito ai clienti alla buona creanza e vigilanza della polizia amministrativa ad assidui controlli».