LE PAROLE GIUSTE E IL SALE IN TASCA
amberti, ci dia una mano». Quel pomeriggio d’inverno del 1997 i corridoi del palazzo comunale di Rosignano erano pieni di gente. Nella sala consiliare si discuteva di sanità. Lui uscì un attimo dalla riunione e si vide circondato dalla gente: «Sono il sindaco di Livorno — rispose con fare garbato e sorriso sulle labbra —, rispondo ai miei cittadini. Ma abbiate fiducia: chi avete eletto curerà i vostri interessi». Una risposta che, se pronunciata con una dose omeopatica di arroganza, avrebbe incendiato gli animi. Invece tutti rimasero silenziosi, interdetti. Perché lui, Gianfranco Lamberti, dal 1992 al 2004 sindaco di Livorno, nella comunicazione interpersonale era un asso. Mai una parola fuori posto, uno scatto d’ira, un gesto che lasciasse intravedere una personalità diversa rispetto a quella conosciuta, velocissimo a trovare le parole giuste nei momenti delicati. A Livorno lo ricorderanno come il sindaco più longevo, che rinnovò il volto della città: il rifacimento del viale a mare, della Terrazza Mascagni, il nuovo Palasport, il restauro del teatro Goldoni, inaugurato nel gennaio 2004 alla presenza di Carlo Azeglio Ciampi. Lo ricorderanno anche per le scelte discutibili, non ultima il piano regolatore che ebbe per conseguenza la cementificazione della collina di Montenero.
Ciò nonostante a Gianfranco Lamberti, il politico nato con il Pci e mai confluito nel Pd, tutti riconosceranno di non essersi mai dato per vinto, capace di risollevarsi quando chiunque avrebbe ceduto alla dissolvenza. Nel 2004, a mandato di sindaco concluso tanti, troppi, scesero dal suo carro. Lui ingoiò un rospo indigesto: avrebbe meritato una candidatura al Parlamento ma i democratici di sinistra livornesi, già allora divisi come Guelfi e Ghibellini, gli preferirono Marco Filippi. Il suo rapporto con la politica si affievolì solo per pochi anni: alle amministrative del 2009 si presentò alla guida di «Confronto per Livorno», annunciando opposizione dura verso il Pd e la giunta di Alessandro Cosimi, suo ex assessore. Pronosticò un 10%, ottenne il 3,2%, che tuttavia gli valse il seggio in consiglio comunale. Si rifece qualche anno dopo nella sua terra, il Salernitano, dove il 6 giugno del 2016 fu eletto sindaco di Montecorvino Pugliano. Proverbiale la sua superstizione: nelle tasche portava sempre del sale, che nei momenti cruciali distribuiva qua e là. Ora che è morto, a 71 anni, chissà se ne porterà un pizzico nell’aldilà.