CON L’ARIA CHE TIRA
Se l’alternativa fosse secca, tra responsabilità e populismo, tra realismo e demagogia, tra competenza e improvvisazione, la scelta di quegli italiani che oggi andranno ai seggi con l’intenzione di non dare un voto emotivo, «di pancia» come si suol dire, sarebbe facile. Ma così non è, nonostante l’auspicio di qualche commentatore autorevole. La decisione è complicata da molti altri fattori. Nel centrodestra c’è una sfida aperta tra Berlusconi e i suoi due maggiori alleati, Salvini e Meloni, che determinerà l’orientamento della coalizione dopo il voto: solo allora sapremo se avrà prevalso l’anima moderata di Forza Italia oppure la linea ultrà di Lega e Fratelli d’Italia, e se il patto che hanno stretto reggerà. Sul fronte opposto non c’è nessun patto da mettere alla prova; tiene invece banco il duello tra il Pd e la sinistra di Liberi e Uguali, dove sono confluiti i democratici scissionisti di Speranza-D’Alema-Bersani, che hanno come primo obiettivo la sconfitta dell’odiato vicino, e cioè di Renzi. E poi, un po’ di qua e un po’ di là, in una zona politicamente indefinita che serve a fare il pieno di voti, gioca la variabile dell’onestà, che spinge il vento a favore dei Cinque Stelle. L’onestà dovrebbe essere solo il pre-requisito di un vero progetto politico, ma in una stagione di disagio sociale e smarrimento può fare da ottimo viatico per convogliare su Di Maio e C. il sostegno di chi cerca l’ultima (per ora) della catena delle ultime spiagge per depositarvi le residue speranze di un avvenir migliore. È un quadro frastagliato di attese, malumori, delusioni, voglia di rivincite, dentro il quale molti elettori si troveranno loro malgrado, dovendo per giunta stare attenti a non fare errori in cabina, per una legge elettorale degna di un azzeccagarbugli.
In Toscana il verdetto delle Politiche sarà importante per più aspetti. Innanzitutto darà una precisa indicazione in vista delle Comunali di primavera e del rinnovo dei sindaci a Pisa, Siena e Massa, dove il Pd rischia parecchio, e per le prossime Regionali, quando il centrodestra (salvo sorpassi grillini) tenterà di dare la spallata al centrosinistra (o a tutta la sinistra riunita, chissà). Ma il voto della nostra regione dirà anche se e quanto la leadership di Renzi è ancora forte, fuori e dentro il suo stesso partito.
È da Firenze che nel 2010 cominciò l’ascesa dell’ex rottamatore alla ribalta nazionale. Ed è soprattutto da qui che lui potrà capire se il calo di consensi che va avanti da prima del referendum costituzionale si sarà fermato oppure no. Se Renzi con il suo Pd non dovesse prevalere con distacco neppure nella roccaforte del renzismo per l’ex sindaco di Firenze il futuro si farebbe davvero fosco, anche se proprio due giorni fa lui ha detto che, rispettando lo statuto, resterà segretario fino al 2021. Renzi ammette «errori», come ha affermato l’altra sera a Porta a Porta, ma rivendica — e non senza buone ragioni — il merito di avere nel frattempo fatto ripartire il Paese. Un calo tanto drastico e rapido di consensi (basti ricordare il 40 per cento ottenuto alle Europee del 2014) avrebbe però meritato un’analisi ben più approfondita. E nei mesi scorsi, non poche ore prima dell’apertura dei seggi. Uno stile da guascone si è combinato con errori commessi per inesperienza o eccesso di autostima. Vogliamo ricordare la promessa di fare un’importante riforma a ogni mese della sua permanenza al governo? E così oggi Renzi si presenta al giudizio degli italiani essendosi già speso le carte più vantaggiose. Sicuramente non è più l’«uomo nuovo». Chissà se si è pentito di essere diventato premier senza passare dalla porta del voto popolare. L’inversione dell’agenda (prima le elezioni e poi il governo) gli avrebbe consentito di risparmiarsi accordi e accordicchi parlamentari che, insieme con il fascino negativo del «giglio magico», lo hanno usurato anzitempo. Nell’ultimo appello agli indecisi, l’ex premier ha paventato una maggioranza composta da «estremisti». Insofferenza e intolleranze peseranno, non c’è dubbio. L’aria che si respira è questa. Di contro vedremo quali vie prenderà il voto dei moderati di fronte alla possibilità di un salto nel buio. Una parte confluirà sul simbolo di Berlusconi e sui centristi suoi alleati, una parte sul centrosinistra. Segnatamente sul Pd. Ma per non fare altri errori di valutazione Renzi tenga a mente che, spesso, più che per amor di Renzi succederà per amor di patria.