Che è successo a Renzi? Risposte a seggi aperti
Cinque anni fa, Matteo Renzi era solo il sindaco di Firenze, sconfitto alle primarie del 2012 contro Pier Luigi Bersani. Non era ancora diventato leader del Pd, ma le aspettative erano enormi, perché — seppur perdente contro il suo ex segretario nella competizione interna al partito — aveva suscitato speranze e curiosità e di lì a poco sarebbe tornato prepotentemente al centro del dibattito pubblico e politico, anche grazie alla famosa non vittoria bersaniana.
Negli ultimi cinque anni molte cose sono accadute. Renzi è diventato segretario del suo partito, ha disarcionato il suo predecessore a Palazzo Chigi, Enrico Letta, e poi a sua volta è stato disarcionato da chi ha votato No al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. La prima domanda che corrispondenti dei giornali stranieri e ambasciate fanno oggi a chi sta seguendo l’avventura quasi decennale dell’ex sindaco di Firenze è: che cos’è successo all’ex marziano di Rignano sull’Arno? Qui si prova a dare una prima parziale risposta, in attesa delle elezioni di oggi, ma che vale a prescindere dai risultati.
Renzi individuò nella «rottamazione» un efficace manifesto politico. Ed era efficace perché l’allora sindaco fiorentino si candidava a essere portavoce di una generazione; trentenni dai contratti di lavoro precari o, ancora peggio, costretti ad aprire partite Iva in assenza di assunzioni stabili. C’era uno, insomma, che aveva scelto di non dare altre garanzie ai già garantiti, scommettendo sul rovesciamento degli schemi precostituiti, in un’Italia che blatera di giovani e dell’abusato merito senza mai occuparsene davvero. E alcuni numeri aiutano a capire: i giovani oggi sono meno occupati rispetto a classi d’età più anziane, hanno redditi più precari e avranno pensioni inferiori rispetto a chi li ha preceduti. Se la povertà riguarda il 4 per cento circa degli over 65, tra i giovani sotto i 18 anni raggiunge il 12 per cento. Un dato che nell’ultimo decennio è aumentato dal 4 per cento del 2005 nella classe d’età 18-34 al 10 per cento del 2015 nella stessa classe d’età. Secondo la Banca d’Italia, in 20 anni il reddito medio degli over 65 è aumentato di 19 punti mentre quello degli under 35 è sceso di 15; stessa dinamica per la ricchezza, che è aumentata del 60 per cento per gli over 64 e diminuita del 60 per cento per gli under 34.
I primi frequentatori della Leopolda erano entusiasti. D’altronde il messaggio era forte: con me, ripeteva Renzi, andranno avanti i più bravi, non i più fedeli. Un altro colpo all’Italia degli amici degli amici (le prime Leopolde erano tutto ricambio e limite di mandati, temi cari successivamente anche ai Cinque Stelle).
In sostanza: l’ex sindaco di Firenze voleva essere la risposta iper-politica a una domanda di cambiamento trasversale. Solo che nel frattempo altre risposte sono nate, come quella appunto del M5S la cui finta istituzionalizzazione degli ultimi mesi sottolinea ancora di più l’ipocrisia di un movimento politico che voleva fare la rivoluzione e poi s’è messo in fila dall’igienista dentale.
Alcune delle premesse e delle promesse di Renzi sono state disattese. Ai giovani si è preferito i pensionati, che poi sono quelli che votano, e i bonus elettorali, come i famosi cinquecento euro ai diciottenni. Magari il segretario del Pd sperava in una ripresa economica migliore, che pure c’è stata ma non è sufficiente (e quando ti porti appresso lo stigma dello sconfitto diventi interamente responsabile anche di ciò che non è tuo, quindi bisognerebbe fare la tara pure alle critiche degli anti renziani, che hanno costituito partiti la cui unica ragion politica è liberarsi di Renzi, considerato da sempre un usurpatore).
Altre scelte però vanno messe in conto unicamente alla sua azione politica, come certe ambiguità sull’Europa e certe contraddizioni: Renzi aveva detto che si sarebbe ritirato in caso di sconfitta («Con un gesto di coraggio e dignità ho detto che se si perde il referendum sulle riforme io smetto di fare politica», 12 gennaio 2016, intervista a Repubblica Tv; «Se perdo il referendum considererò finita la mia esperienza politica» 12 marzo 2016, Scuola di formazione del Pd) e invece è rimasto al suo posto. Giusto il tempo di una settimana a Pontassieve, nella casa con la famosa taverna e le coperte da rimboccare ai figli. Si era fatto portavoce di una generazione di sconfitti in partenza, senza paracadute, e alla fine è stato risucchiato dal Pd che voleva rivoluzionare e da un’estenuante contrattazione su ogni provvedimento, al punto da non poter liberamente toccare alcune categorie vicine al partito. In più ha paracadutato il Giglio Magico preservandolo da duelli «a viso aperto», come testimonia il caso di Maria Elena Boschi; anziché combattere nella sua Arezzo, rivendicando le scelte fatte («Abbiamo salvato banca Etruria»), è finita a Bolzano.
È difficile, così, continuare a pensare di essere un marziano.
Cronaca, cronaca politica. Dai palazzi romani, ma anche dalle piazze (e da qualche retrobottega) di tutta Italia. Per capire che cosa ci è successo nell’ultima settimana. E cosa c’è da aspettarsi da quella successiva Nei panni del rottamatore l’ex sindaco di Firenze si candidava a essere portavoce di una generazione senza garanzie Ma poi alcune promesse sono state disattese, e lui è stato risucchiato dal Pd