Corriere Fiorentino

CAMPI TRA I PALAZZI E MEZZI BOCCALI: È LA NOSTRA BERLINO

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Scriveva Günter Grass che il fascino della Berlino contempora­nea si doveva al potenziale: quello di così tanti edifici vuoti dove avrebbero trovato casa i progetti più diversi, ma soprattutt­o di quegli spazi, a volte sterminati, che dividono interi quartieri, con prati, greppi, spianate brulle, boscaglia o addirittur­a piste aeree, e senza neanche che sorga per questo una qualche urgenza edilizia: l’unica urgenza è quella di lasciare che sia l’idea stessa di città — passata, presente, futura — a distenderv­isi. Si tratta di un tipo di fascino che Firenze, stratifica­ta e cristalliz­zata nel tempo com’è, difficilme­nte può regalare, a meno di far campi incolti di un paio di basiliche, come suggeriro- no i futuristi, e che però è possibile scovare dalle parti di San Salvi, in via del Mezzetta. Sarà che lo stesso complesso di San Salvi, coi suoi padiglioni deserti tra cui brilla tuttavia una sparsa e a volte interessan­te vita sociale, è il luogo più berlinese in città, ma via del Mezzetta, è — nonostante l’assenza di club techno, graffiti e casermoni socialisti (anche se quello delle Poste può ricordarli) — la strada più «berliner» di Firenze.

A meno di finire là dove la periferia estrema si fa campagna, e quindi fuor dallo stesso campo delle suggestion­i urbane, è soltanto in questa via dal dubbio toponimo (c’è chi lo vuole derivante da un’unità di misura — la mezzetta era il mezzo boccale medievale —, mentre altri, notando il maschile, pensano a un soprannome, un sor Mezzetta forse passato agli annali in quanto beone) che si aprono ampi spiazzi erbosi fra i condomini; che vecchie auto sono parcheggia­te sotto alberi dei più variegati, attorno ai quali sbuffi di rovi divorano reti e cancelli scontornat­i dalla ruggine; solo qui da una finestra al quarto piano di un palazzo anni ’50 puoi vedere allo stesso tempo campagna e capannoni e un gruppo di operai che fa pic-nic su una trave di metallo, e se quando fai mente locale realizzi che uno di quei capannoni è in realtà la chiesa di Santa Caterina a Coverciano disegnata dal Liserani von Berger, devi comunque ammettere che un nome del genere ben si adatta a tale sintesi fiorentino-berlinese.

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