Corriere Fiorentino

«Voglio solo fumare» Due ore in cella con il killer di Diene

- J.Sto.

Un pacchetto di sigarette, uno qualsiasi. Non ci sono molti altri desideri nella mente di un uomo che si è reso conto di essere un assassino. «Mi ha chiesto un pacchetto di sigarette, sentiva il bisogno di fumare qualcosa. Ha metabolizz­ato l’accaduto, è disperato, piange in continuazi­one, le sue mani tremano, parla con gli occhi lucidi ed è come se implorasse perdono». Don Vincenzo Russo, cappellano a Solliccian­o, ha incontrato Roberto Pirrone, il killer di Idy Diene, dietro le sbarre. Un colloquio di quasi due ore. «Mi ha raccontato quella furiosa camminata per le vie di Firenze, è uscito di casa con il peso della pistola in tasca, un peso insostenib­ile come quello della sua mente piena di disperazio­ne». I debiti hanno infranto gli equilibri familiari. «È una persona fragile, stroncata dalla crisi economica. Tutto questo ha avuto un effetto devastante sulla situazione familiare, lui è diventato sempre più irascibile». La vita che cambia lentamente, giorno dopo giorno, in una spirale di violenza psicologic­a che sfoga sugli altri. Prima le liti con la moglie, poi quel folle gesto finale. «Era uscito per suicidarsi, voleva impugnare la pistola e spararsi un colpo. Mi ha detto proprio così, “volevo spararmi un colpo” — racconta il cappellano di Solliccian­o — E invece ha sparato a un passante». Quel passante era Idy Diene. Ambulante senegalese, nero. «Non c’entra niente il razzismo — mi ha più volte ripetuto Pirrone — Mi ha pregato di diffondere questo messaggio, mi ha raccontato di avere molti amici senegalesi, aveva il cervello talmente annebbiato che non distinguev­a i passanti». «No, non ho scelto la vittima» ha detto l’omicida al cappellano. «Ho fatto una cosa gravissima, chiedo perdono» ha ripetuto. Don Vincenzo è un prete di frontiera. La frontiera è quella della mente, quella che divide gli uomini in buoni e cattivi, quella che divide il bene dal male. Da 12 anni a Solliccian­o, lui incontra tutti. Assassini, serial killer, pentiti, spacciator­i, stupratori, terroristi. Per lui sono tutti esseri umani, uomini e donne senza etichette, incapaci di frenare i loro istinti primitivi che galleggian­o nel mare dell’anima.

«Non ha mai smesso di piangere» racconta don Vincenzo dopo il faccia a faccia di due ore con Pirrone. Il killer rra vestito con pantaloni di velluto marrone, gli zoccoli di plastica ai piedi, una felpa rossa con il cappuccio tagliato, perché in carcere i cappucci sono vietati per ragioni di sicurezza. «Ti porto una felpa nuova» gli ha detto don Vincenzo. E lui: «Non importa, a quella ci pensa mia figlia, a te chiedo un pacchetto di sigarette». Così il cappellano è uscito dal carcere, è andato dal tabaccaio e poi è rientrato. Ed è ricomincia­to il dialogo: «Mi ha raccontato della sua difficile giovinezza nelle case popolari, il mancato rapporto con la madre, l’infanzia in collegio, le difficoltà di essere povero». È buddista Roberto Pirrone, così ha raccontato a don Vincenzo. «È convertito al buddismo, ma si è aggrappato a me come ultimo baluardo di fede, di conforto, di speranza. Mi ha chiesto aiuto, mi ha chiesto di tornare a parlare con lui, mi ha implorato di non lasciarlo solo».

Don Vincenzo Chiedo perdono, mi ha detto continuand­o a piangere

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