La sfilata delle donne col sindaco sottobraccio
Nardella: abbiamo dato il meglio, ora il lutto cittadino
Il sindaco sbianca in volto. Quando raggiunge il corteo sul ponte alla Carraia, una cinquantina di senegalesi lo circonda e gli si fa sotto. Dario Nardella è terreo, ma il gruppo si dispone in cerchio e forma un cordone di protezione attorno a lui. E il volto del sindaco riprende colore. Nardella, dopo lo sputo al presidio di martedì sul ponte Vespucci, torna a manifestare con la comunità senegalese. Che decide di proteggerlo. «Paura? Come faccio ad avere paura in mezzo a queste meravigliose donne?» dice, dopo aver tirato un sospiro di sollievo, mentre cammina a braccetto di Diye Ndiaye, presidente della comunità fiorentina, e di Mame Diarra, deputata del Parlamento del Senegal.
Attorno a lui, Digos e polizia municipale quasi scompaiono di fronte al servizio d’ordine spontaneo dei senegalesi. Il cordone di sicurezza è fatto da giovani che si tengono per mano per non far passare nessuno. Davanti al sindaco ci sono gli arieti che si fanno spazio tra la folla. Tra di loro c’è un gigante che fa l’effetto di Mosé sul Mar Rosso. Di lavoro fa il buttafuori. E malgrado l’aspetto preoccupante ha il sorriso stampato in volto: «Come ti chiami?», gli chiede Nardella. «Rambo». «Ecco, ti assumo nella municipale». Se la ridono anche l’imam di Firenze, Izzedin Elzir, e l’assessore Sara Funaro. A scortare il sindaco c’è Moussa Fall, mezzofondista e olimpionico senegalese. Durante la marcia ci sono due possibili contestazioni, prima da parte di Marcello Zuinisi, autodichiaratosi portavoce dei Rom, poi di uno straniero: ma non c’è neppure il tempo di capire, in un istante i senegalesi sollevano, impacchettano, portano via, senza lasciare un graffio. Il sindaco semmai rischia l’asfissia, i manifestanti lo circondano per fargli video e selfie da inviare ai parenti in Senegal.
Alcuni lo intervistano: lui risponde in francese, parla di «pace», chiama tutti «fratelli». «Lei che farà per noi immigrati?», gli chiede un ragazzo. «Continueremo a lavorare accanto a chi ha più bisogno — risponde — Se tutti rispettiamo le regole di buona convivenza possiamo aiutare chi è più in difficoltà».
La manifestazione rientra in piazza Santa Maria Novella e il sindaco dal sagrato prende in mano un mini-megafono per parlare alla folla. Purtroppo non lo sentono a più di cinque metri: «I senegalesi hanno dimostrato ancora una volta di essere una comunità pacifica e di amare questa città. Tutti noi abbiamo un solo pensiero nel cuore, il dolore e il sentimento di fraternità per Idy Diene — dice — Un pensiero va alla famiglia, alla moglie Kene (Rokhaya, che era stata moglie di Samb, ucciso in piazza Dalmazia nel 2011, ndr), a sua figlia e ai fratelli. A loro ho detto che si terrà a Firenze una giornata funebre per ricordare Idy. E sarà un giorno di lutto cittadino per Firenze. La nostra è una città aperta, è una città dove si parla la lingua della libertà, della comunità e della fratellanza. Viva Firenze e viva la comunità senegalese». La folla attorno a lui applaude, ringrazia. «Una settimana così intensa da sindaco non l’avevo mai vissuta», dice Nardella mentre lascia la piazza. Poi sorride: «Firenze oggi ha dato il meglio di sé».