Corriere Fiorentino

Una radiocrona­ca sottovoce (dentro il silenzio)

Il 90 minuti della voce storica della Fiorentina «Una partita così si vive e basta: non conta se il pallone si muove da una parte all’altra»

- Di David Guetta

Una partita così non si può preparare come le altre, una partita così la si vive e basta, secondo quello che senti dentro. Per una volta quindi è inutile studiare l’avversario, immaginare la disposizio­ne tattica di una squadra che tra l’altro non è proprio così conosciuta.

Non può essere una radiocrona­ca normale e infatti non lo è stata per niente, a cominciare dal gol viola descritto come se fosse stato segnato nella partitella del giovedì e non in una gara di campionato. Un tono così dimesso per le reti della Fiorentina l’avevo usato solo il 6 giugno 1993, quando raccontai dell’inutile 6 a 2 al Foggia, con Carnevale che a Roma regalava la salvezza all’Udinese. O forse anche nella stagione della vergogna, il 2001/2002, con quelle ultime partite in cui c’era da implorare che cambiasser­o almeno i colori della maglia per non avere nulla a che fare con quello scempio. Magari fossero ancora questioni calcistich­e, che bello se la causa di tanta tristezza fosse «solo» una retrocessi­one. Mentre salivo le scale per andare nella solita postazione, mi ripetevo che dovevo seguire un solo comandamen­to: essere misurato.

Capire che stavo entrando con la radio, mezzo povero e meraviglio­so, nelle case, nelle macchine e nella vita delle persone. Tutto, quindi, doveva essere in linea con lo stato d’animo della città e del popolo viola. Raccontare come accade da 35 anni la Fiorentina, sapendo però che questa volta il risultato non conterà niente. Non cadere nella retorica e con Davide Astori è molto difficile perché ti viene da raccontare quello che pensavi di lui e ti accorgi che è tutto positivo, tutto bello.

Vieni coinvolto dal clima del Franchi e hai il groppo in gola quando vedi due signori di cinquant’anni a dieci metri da te piangere come bambini al momento dell’ingresso in campo delle squadre, ma non cedere alle lacrime e continuare a parlare, parlare, parlare… Il minuto di silenzio è moltiplica­to almeno per cinque, tutto si svolge in un’atmosfera surreale e quasi ti sembra di disturbare nel continuare a descrivere quello che succede. Pare di essere in biblioteca quando ti sorprendon­o a parlare a voce troppo alta, ma qui come fai a tacere?

Comincia la partita ed è un po’ come ritrovare la strada di casa: riconosci le tue cose, che sarebbero poi il racconto del pallone che viaggia da una parte all’altra del campo. Ma dura pochissimo: 12 minuti e 59 secondi. Al tredicesim­o tutto si ferma, vorresti osservare e applaudire in silenzio la coreografi­a della Fiesole, commuovert­i con l’arbitro e i giocatori, partecipar­e da spettatore a un momento che resterà nella storia. Invece lo devi raccontare e lì trattenere le lacrime è più difficile, ma in qualche modo ce la fai. Trenta secondi dopo Simeone si mangia il gol e allora rientri in partita anche te, o almeno ci provi. Poi arriva la rete di Vitor Hugo, che gioca nella posizione di Davide, che segna un gol alla Astori con la maglia 31 (cioè un 13 rovesciato), pare più o meno alle 13, anche se non sei sicuro dell’ora.

Racconti tutto in maniera confidenzi­ale, quasi fossimo tutti invitati a un incontro tra amici. Alla fine sei stremato e capisci benissimo perché i giocatori si accascino a terra, neanche fossero a Città del Messico dopo il triplice fischio di Italia-Germania 4 a 3. Hanno dato tutto e tu hai cercato di descriverl­o, con un’emozione mai provata.

 Mentre salivo le scale per andare nella solita postazione, mi ripetevo che dovevo seguire un solo metodo: essere misurato E non è stato affatto facile

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Badelj e i compagni salutano il pubblico dopo i 90 minuti di una partita che non è stata come le altre
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In alto le sciarpe dei tifosi, anche al Franchi dopo la sciarpata di piazza Santa Croce nel giorno dei funerali
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