Sepolta Etruria, viva la banca «Così è tornata la fiducia»
Silvano Manella, al vertice di Ubi centro Italia: «Cresciamo, stiamo riacquisendo clienti Ad Arezzo progettiamo l’istituto del futuro»
Silvano Manella, bergamasco, classe 1956, è stato nominato Ad della Nuova Banca Etruria a seguito dell’acquisizione da parte del gruppo Ubi Banca, dove ha costruito tutta la sua carriera partendo da direttore di filiale per arrivare a ricoprire diversi ruoli dirigenziali. È arrivato ad Arezzo nel maggio scorso per guidare l’istituto già prima della definitiva incorporazione in Ubi, avvenuta in novembre. A lui fa capo la macroarea dell’Italia centrale che comprende Lazio, Toscana e Umbria: 265 sportelli, 8 centri impresa e un bacino di oltre 540 mila clienti.
Cosa ha portato Banca Etruria in dote al Gruppo Ubi?
«Ubi in Toscana è passata dallo 0,1% al 4,1% in termini di quote di mercato, ma ci sono ancora notevoli possibilità di sviluppo».
Lei ha preso in mano una banca completamente travolta dalla bufera del decreto «Salvabanche», colpita da un danno materiale e reputazionale enorme, ingigantito anche dalle speculazioni politiche attorno all’ex ministro e sottosegretario uscente Maria Elena Boschi. La difficile risalita è iniziata con la cancellazione del marchio: a che punto siamo oggi? «La cancellazione del marchio è stata un’operazione corretta perché di Etruria si è parlato forse più del dovuto. Non potevamo continuare a parlare di problemi che non abbiamo causato: per noi contano i dipendenti e i clienti, il nostro obiettivo è far tornare Arezzo e la sua provincia ai fasti di un tempo. Stiamo cercando di ricostruire la fiducia e abbiamo già fatto il giro di boa». Come vanno oggi i conti della banca?
«Fino allo scorso ottobre
Etruria perdeva nella gestione caratteristica oltre 5 milioni al mese, a novembre abbiamo raggiunto il punto di equilibrio». Qual è stata la cura?
«Abbiamo ridotto i tassi a credito da oltre l’1% allo 0,46% e abbiamo commercializzato la nostra offerta di risparmio gestito. Così sono cresciuti la raccolta e i clienti che oggi sono 3.600 in più dal maggio scorso» Come è iniziato il 2018?
«Il trend positivo prosegue anche nei primi due mesi 2018. La raccolta totale è cresciuta dello 0,63%, pari al 3,78% annuo, gli impieghi dell’1,64% pari al 9,84% annuo. Il motore della fiducia è tornato in produzione».
Consob ha detto che i clienti della «vecchia» Banca Etruria che hanno perso soldi potranno rivalersi su Ubi: è un rischio concreto per voi?
«Quando ha siglato il contratto per acquisire le good banks, Ubi si è tutelata firmando lettere di garanzia e manleva, fiscale e contabile: siamo tranquillissimi». I dipendenti possono stare tranquilli?
«Ubi ha esteso il contratto integrativo anche ai colleghi toscani. E soprattutto in Toscana Ubi Banca ha rinunciato alle esternalizzazioni: ha mantenuto 140 risorse del polo IT, logistica, sicurezza e back office inserite nella controllata Ubi sistemi e servizi. Ad Arezzo ha sede la “Test Factory”: un polo strategico che abbiamo recentemente attivato, con 13 persone, per costruire la banca del futuro attraverso una struttura che si occupa delle verifiche di qualità sulle procedure applicative ideate
dalle strutture IT della Banca. È un progetto che rientra nell’ambito del significativo investimento di Ubi Banca nella sicurezza e nell’innovazione tecnologica che vede la Toscana, oltre alla Lombardia, come sede operativa nella catena di produzione di nuove procedure digitali, su cui Ubi Banca investe per anticipare lo studio dell’operatività della banca del domani».
Cosa state facendo per valorizzare la tradizione bancaria del territorio?
«Un esempio è quello dell’oro: Ubi sta già facendo la sua parte per rimanere punto di riferimento del settore orafo nazionale e ha acquisito un fondamentale know how grazie all’integrazione di Nuova Banca Etruria. Stiamo progressivamente estendendo a tutta la rete della banca l’attività di vendita di oro, custodia e gestione per privati e investitori. Un’attività che lo scorso anno ha registrato una crescita rilevante». La Toscana è veramente uscita dalla crisi?
«La Toscana è una regione dinamica, dove il Pil 2017 è in aumento per il quarto anno consecutivo, registrando un più 1,3% e si stima un trend positivo anche per l’anno 2018. È tra le regioni che più hanno recuperato occupazione rispetto ai numeri precedenti alla crisi: l’aumento dei dipendenti è diffuso a quasi tutti i comparti produttivi ed in particolare alla manifattura». È una buona terra per fare banca?
«Sì. E noi vogliamo “fare banca per bene” sostenendo i progetti industriali strutturati e in grado di creare indotto e crescita».
Dopo anni di scandali e polemiche, che atmosfera si respira oggi?
«I colleghi oggi godono di una fiducia ritrovata che ha messo in moto un meccanismo che si sta auto alimentando e diffondendo alla collettività che ci circonda. Per alimentare questo positivo processo di trasmissione della fiducia dalla banca al territorio stiamo studiando dei social bond a supporto di enti rilevanti per il terzo settore toscano. Tutte azioni che testimoniano la concretezza del nostro operare in Toscana e che riteniamo saranno utili a riacquisire il ruolo che meritiamo soprattutto in Toscana e nel Centro Italia, dove gli spazi rispetto ai competitor non mancano e dove i dipendenti nutrono una forte voglia di riscatto dopo la forte strumentalizzazione mediatica avvenuta a livello nazionale». Che desiderio ha espresso per il 2018?
«Lasciarsi il passato alle spalle e ripartire facendo per bene. Un proposito che prenderà forma anche nel rinnovo delle filiali: entro il 2020 Ubi metterà mano a un piano di ristrutturazione di 790 filiali, 11 delle quali in Toscana».
Il sostegno al distretto Stiamo estendendo a tutta la rete della banca l’attività di vendita di oro, custodia e gestione per privati e investitori
I social bond Stiamo studiando dei titoli a supporto di enti rilevanti per il terzo settore in Toscana per tornare vicini al territorio