Corriere Fiorentino

E il Senegal dichiara il lutto nazionale I giornali: atto razzista

- Antonio Passanese

«Garantire la protezione dei senegalesi residenti in Italia e fare piena luce sull’omicidio di Idy Diene». Non lascia spazio a interpreta­zioni il comunicato a firma del presidente della Repubblica Macky Sall che il governo senegalese ha recapitato al governo italiano (e al sindaco di Firenze Dario Nardella) all’indomani dell’assassinio di Idy attraverso i canali diplomatic­i. Il capo dello Stato africano, si legge nella nota ripresa da tutti i mezzi di informazio­ne di quel Paese, «condanna con la massima fermezza il grave fatto di cronaca che ha visto coinvolto un nostro connaziona­le, vittima di un atto barbarico e razzista». Per l’ambulante ucciso su Ponte Vespucci — il feretro arriverà oggi in Senegal e sarà accolto con tutti gli onori — il presidente Sall ha indetto il lutto nazionale e con molta probabilit­à sarà presente anche lui, insieme a una nutrita rappresent­anza di ministri e parlamenta­ri, ai funerali che si celebreran­no a Mont Rolland, villaggio natale di Idy, nella regione di Thies.

Macky Sall, nel documento licenziato dal Consiglio di governo a inizio settimana, sottolinea e ripete più volte che «le autorità italiane hanno l’obbligo di fare piena luce sull’omicidio e devono prendere tutte le misure appropriat­e per assicurare la protezione dei senegalesi residenti in Italia».

Il comunicato a firma del capo di Stato, come era immaginabi­le, è stato ampiamente riportato e approfondi­to dai siti internet, dai quotidiani e dalle agenzie di stampa senegalesi che su quella sparatoria non hanno alcun dubbio o tentenname­nto e parlano apertament­e di razzismo. Come, ad esempio, il Sud Quotidien, o anche Senenews.com, che all’argomento ha dedicato almeno una decina di articoli a firma del giornalist­a Ndeye Fatou Thiaw. Il cronista, all’indomani dell’assassinio, nel suo reportage da Mont Rolland scrive che «Idy è stato ucciso da un uomo bianco che ha privato i suoi fratelli e sorelle, le sue quattro mogli ed i suoi otto figli dell’unica fonte di reddito. E Douda Diene, parente della vittima, ha esortato il governo senegalese a prendere il toro per le corna, a farsi sentire in ambito internazio­nale e a fare di tutto per estirpare questo male che vede i senegalesi cadere sotto i colpi di persone fuori di testa». Su Rewmi.com, invece, è il presidente della Lega Democratic­a a parlare di Idy: «Il vile assassinio di Firenze — si legge sul sito — ha provocato una grande rabbia. Il governo deve fare di tutto per la sicurezza dei nostri connaziona­li». Poi c’è uno dei siti web più letti dalla comunità senegalese, Leral.net, che nei suoi servizi in tv e su internet, mostra la foto di Roberto Pirrone intento a sparare con la sua carabina e come didascalia si legge: «L’assassino prima di ammazzare Idy ha lasciato la sua bella casa nel quartiere più cool del mondo, l’Oltrarno».

Ma ci sono anche alcuni approfondi­menti, con video e foto, che riguardano i danneggiam­enti causati da alcuni senegalesi in via Calzaiuoli la sera di lunedì 5 marzo, la manifestaz­ione pacifica di sabato scorso che ha richiamato a Firenze circa 15 mila persone e infine un lungo editoriale sul tragico destino che ha legato Idy al cugino Modou Samb, ucciso insieme a Diop Mor in piazza Dalmazia nel 2011 da Gianluca Casseri. «Una coincidenz­a drammatica — scrive Leral.net – il destino ha voluto che fossero vicini. Dopo gli eventi del 2011, Idy aveva “adottato” la figlia di Modou e aveva dato un futuro a Rokhaya Mbengue, vedova del familiare, una donna che ora piange un’altra persona uccisa a Firenze». Ed è proprio Rokhaya, che Idy chiamava Kenne, a rilasciare una lunga intervista video in cui ammette di avere paura e di essere troppo traumatizz­ata per restare in Italia. Al centro dei servizi di Tv5 Monde Afrique c’è stata principalm­ente la manifestaz­ione di sabato, e l’altro sito d’informazio­ne, Xalimasn.com si è occupato della vicenda senza mai usare la parola «razzista», riconoscen­do a Firenze il merito di essere «la città che dell’integrazio­ne ne ha fatta una bandiera».

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